Regia di Michael Moore vedi scheda film
Questo documentario inizia come un’inchiesta sulla spaventosa diffusione delle armi negli USA e sull’estrema facilità nel procurarsele (a causa di uno scomodissimo emendamento alla Costituzione federale che, sebbene parli di “diritto”, questo viene troppo spesso inteso come “dovere”- anzitutto morale - e che, sebbene si riferisca ad un concetto generico come quello di “arma”, induce intuitivamente ad instaurare un’equazione con le armi da fuoco, mentre - ironizza Moore - non è certo da meno, ad es., una bomba al plutonio).
Ma ben presto (complice un impietosamente spiazzante confronto col vicino amante dell’acero) l’oggetto dell’inchiesta cambia forma, perché il regista finisce per documentare quella distorta (per non dire perversa), ma diffusa mentalità che molti scambiano con il “patriottismo” (“America, home of the brave” tuonava il buon vecchio Charlton; ringrazio Aquilant per lo spunto). Una mentalità forgiata da una secolare storia di paura e odio per il “diverso” (ieri e oggi, preferibilmente, l’afroamericano maschio, un domani qualcun altro) che già da tempo ha assunto dimensioni patologiche (“come malattie, odio e violenza hanno un periodo di incubazione, sintomi e, ovviamente, vittime”: jagger) e che sembra destinata a durare ancora a lungo (anche perché debitamente enfatizzata dai mass media, così - come in un perverso circolo vizioso - da riuscire ad alimentarsi senza fine).
Dunque questo è il nocciolo del problema: la mentalità del popolo americano (altrimenti sintetizzabile come: mancanza assoluta di senso del bene comune in favore di un esasperato individualismo). Non c’è da stupirsi, quindi, se - nonostante i comuni drammatici trascorsi storico-bellici - USA e Vecchio Continente non abbiano molto altro da spartirsi. Basti riflettere sul fatto che le recenti Costituzioni democratiche europee sono state partorite in un periodo in cui il buon senso era ai massimi storici; quella americana - peraltro certamente pregevole sotto vari punti di vista - no.
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