Regia di Michael Moore vedi scheda film
Il premiatissimo documentario che ha fatto conoscere al resto del mondo lo stile graffiante e dissacratorio del giornalista americano Michael Moore, originario del Michigan e nato nella dimenticata e problematica cittadina di Flint, come lui stesso ci tiene a precisare, riesce pienamente nel suo obiettivo: quello di scuotere lo spettatore, americano e non.
Con la consueta dose di antipatriottismo, serietà non pedante e amara ironia, il regista cerca di riassumere in quasi due ore la degenerazione sociale, culturale politica ed economica del suo paese analizzando l'incontrollata e pericolosa diffusione delle armi da fuoco, causa di una media di 10 mila morti all'anno negli USA.
Lo fa partendo dalla tragica strage della scuola superiore Columbine, a Denver, e porta avanti un'indagine che si estende alla situazione del Canada, tranquillo vicino degli Stati Uniti, che appare come una sorta di patria felice, e anticipando la questione 11 settembre e clima del terrore che poi tratterà più ampliamente due anni dopo in Fahrenheit 9 11.
Restano impresse la sarcastica storia in breve degli USA a cartoni animati, l'intervista ad un fisicamente inquietante ma sorpendentemente serafico Marylin Manson (tra i capri espiatori della diffusione della violenza tra i giovani) e quella ad un imbarazzato e imbarazzante Charlton Heston (il crollo di un mito!per uno che aveva sempre impersonato l'eroe senza macchia), presidente della "Associazione Nazionale dei fucili".
Anche in questo caso il cinema è un'altra cosa, ma la pellicola è da vedere perchè contiene notevoli spunti di riflessione che mettono in dubbio, per chi ancora non lo avesse fatto, la presunta superiorità della nazione americana.
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