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Bowling a Columbine

Regia di Michael Moore vedi scheda film

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La recensione su Bowling a Columbine

di cheftony
8 stelle

Michael Moore è stato spesso negli ultimi anni nell'occhio del ciclone: documentarista "contro", perché smaccatamente antiamericano in ogni suo documentario e l'antipatriottismo negli U.S.A., esattamente come da noi, va detto, non è proprio ben visto. Il pittoresco regista è stato a più riprese accusato di tramandare notizie false e/o infondate e di non essere un vero documentarista perché prevenuto nei confronti degli argomenti che va ad esporre.

E se io dicessi che sarebbe giusto che ce ne fregassimo di tutto questo?
"Bowling for Columbine" è un ottimo documentario e LO E' ECCOME, un documentario; Moore espone tesi ben supportate, intervista, riflette, si mette in azione, per cui stavolta niente da dire sui metodi. Partendo dalla tragedia della Columbine High School, Moore spazia alla grande, toccando così tante tematiche da metter su un film di ben 2 ore; confessando subito la sua avversione per la libera diffusione di armi negli Stati Uniti, mostra quale sia la realtà nei sobborghi americani: nel Michigan una banca regala fucili a chi vi apre un conto corrente, gente comune ha una smodata passione per le armi e per la difesa fai-da-te, la paura del diverso, in particolare dei neri, è un qualcosa di quotidiano per chiunque.
Dopo una digressione cartoonesca sull'intera storia macchiata di sangue degli Stati Uniti, Moore si ricrede in parte sulle armi in sé, constatando come ve ne siano moltissime anche in Canada, dove però si hanno molti meno omicidi perché la popolazione non vive costantemente nel terrore di aggressioni pur non avendo una situazione economica particolarmente brillante, aiutata anche da media e politici che non fomentano l'odio come invece fanno i network americani.
Il tutto è contornato da intervista varie, fra cui spiccano quelle a Marylin Manson, esponente di un rock violento più volte accusato, probabilmente molto più intelligente di quanto vogliano farci credere, e quella a Charlton Heston, ex-divo di Hollywood e presidente della NRA, l'associazione dei produttori di armi americana, affetto da demenza senile (o era stronzo così di suo?) al punto da recarsi a fare congressi a Columbine dopo la strage e a Flint dopo un'altra tragedia legata alle armi. Meglio dimenticarlo e pensare a Tom Mauser, padre di una vittima della strage al liceo del Colorado e di diritto proclamatore delle parole più belle del film: "Se mio figlio Daniel non fosse stato una delle vittime, sarebbe qui con me oggi. Qualcosa non va in questo paese. Se un bambino può prendere un fucile tanto facilmente e sparare una pallottola in mezzo al volto di un altro bambino, com'è successo a mio figlio, qualcosa non va. [...] E' ora di riflettere su questo problema."

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