Regia di Michael Winterbottom vedi scheda film
Manchester, 1976. Davanti a un pubblico di quarantadue persone, in un locale si esibisce un gruppo oscuro dal nome The Sex Pistols. Tra questi, Tony Wilson, giornalista/conduttore della Tv locale Granata Reports (e più tardi, anche presentatore della Ruota della fortuna). Da quel concerto gli viene l’idea di tentare – firmando il contratto, letteralmente, col suo sangue – uno strano esperimento umano poi noto come Factory Records, l’etichetta discografica che ha dato moltissima libertà alle sue band. Winterbottom la butta sul ridere, cercando (un po’ invano) atmosfere alla Monty Python. Sembra non cercare la storiografia musicale, ma ne è tentato. Se no non avrebbe affidato tutto alla voce – e allo sguardo luciferino in camera – di Wilson, che attraversa disinvolto il passaggio – tutto dentro il suo storico locale, La Haçienda – dal punk all’era dei rave e della “beatificazione del ritmo”. Difficile immaginare una faccia da schiaffi che superi quella del protagonista Steve Coogan (per alcuni, l’erede di Peter Sellers), campione d’imperturbabilità di fronte agli eccessi dei suoi protetti: i Joy Division, Buzzcocks, A Certain Ratio, Siouxsie and The Banshees, ma soprattutto gli Happy Mondays (da un loro pezzo, il titolo del film), una delle formazioni più tossiche e sovrastimate della scena brit pop. Il fascino del marcio.
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