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Clock

Regia di Alexis Jacknow vedi scheda film

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La recensione su Clock

di undying
3 stelle

Debutto nel lungometraggio per L'attrice Alexis Jacknow. Film dalle lontanissime, irrisolte e blande, ascendenze cronenberghiane che offre una delle tante, sempre più spesso presenti, protagoniste antipatiche, egoiste e insensibili. Veterofemminismo all'ennesima potenza, per un film poco spettacolare e meno riuscito.

 

locandina

Clock (2023): locandina

 

Ella Patel (Dianna Agron), sposata con Aidan (Jay Ali), ha dedicato tutta la sua vita al lavoro diventando un'affermata arredatrice d'interni. Ha ormai 37 anni, perciò "tecnicamente geriatrica", e il padre - Joseph (Saul Rubinek) - figlio di un sopravvissuto al campo di sterminio di Birkenau, da tempo tenta di convincerla ad avere un figlio. Controvoglia, ma per appagare anche il desiderio del marito, Ella decide di riavviare il suo "orologio biologico" sottoponendosi a una procedura sperimentale, attuata dalla dottoressa Simmons (Melora Hardin) presso il centro biotecnologico "Infinity". Dopo dieci giorni di terapia, il processo prevede l'installazione di un impianto permanente in area genitale, deputato alla produzione di ormoni aggiuntivi. Gli effetti collaterali saranno terribili, dal momento che Ella inizia ad avere allucinazioni contraddistinte dalla visione di enormi ragni e di una gracile e altissima donna.

 

"Salve, sono la dottoressa Elizabeth Simmons e oggi impareremo ad effettuare una manutenzione su un orologio funzionante. Utilizzeremo chiave inglese, pinza e pinzette, per regolare l'ingranaggio dietro il pendolo."

 

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Clock: Dianna Agron

 

L'attrice Alexis Jacknow (presente, tra l'altro, in American Horror Story prima stagione e Obbligo o verità, 2018) decide di girare un cortometraggio che attira l'attenzione dei suoi finanziatori, disposti ad aumentare il budget perché venga esteso a film vero e proprio. Rimodulando la sceneggiatura la Jacknow realizza questo Clock, film horror dalle ascendenza palesemente cronenberghiane (con presenza di impianto sperimentale, invasivo, in organo genitale femminile), il cui titolo acquista uno spessore allegorico essendo riferito in maniera velata al termine del ciclo fecondo delle donne mentre, in maniera figurata, è pure presente nel racconto sottoforma d'un vecchio orologio a muro, testimone muto e indistruttibile dell'epopea (l'olocausto) vissuta dal nonno della protagonista, uno dei pochi sopravvissuti al campo di sterminio di Birkenau. La Jacknow gira in maniera elegante, sa sfruttare il buon cast d'interpreti, con menzione di merito per l'ottima Dianna Agron. Purtroppo, però, sceglie di mettere in scena un personaggio sgradevole, distruttivo, profondamente egoista, nel ruolo di figlia degenerata (cifr. la conclusione), moglie fallita, madre (per fortuna) mancata e, soprattutto, donna odiosa. Inserendo nel racconto, sostanzialmente di tipo evasivo nonostante il pesante approccio veterofemminista (ormai insopportabile, crediamo, per lo stesso pubblico di riferimento), un dialogo pronunciato da Ella che sminuisce la realtà storica dell'olocausto (e, in genere, scegliere di inserire questo serio argomento in un contesto tanto banale), la Jacknow realizza un film squallido, inconsistente, prevedibile e reso poco suggestivo da una serie di modesti effetti speciali, già visti e rivisti sino alla nausea. Frasi agghiaccianti, come quella pronunciata dalla gelida dottoressa Simmons, del tipo "Non ti serve un marito per avere un figlio, solo dello sperma", in associazione con la scena della figa tagliente (la Jacknow concede un primo piano di un pene sanguinante), contribuiscono a svilire un prodotto deviato e deviante, nichilista, avverso al buon gusto in senso lato, che si ritorce contro lo stesso genere di appartenenza. Il femminismo, quando raggiunge derive isteriche, è forse peggiore del suo opposto. Ogni accostamento alle opere di David Cronenberg o a quelle di Julia Ducournau, che potrebbe anche essere azzardato per via del tema trattato e per l'orientamento politico, lascia decisamente, qui, il tempo che trova.

 

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Clock: Dianna Agron nel ruolo di 

Ella, ovvero "la (s)figa al centro del mondo"

 

"Prima del 1900 la stragrande maggioranza delle puerpere, in Europa e nel Nord America, veniva assista durante il parto da altre donne – genericamente levatrici, ma qualche volta vicine di casa o 'anziane' del paese. [...] i medici erano di norma assenti dalla scena del parto, salvo che nelle famiglie dell'aristocrazia."

(Edward Shorter)

 

Trailer 

 

F.P. 29/05/2023 - Versione visionata in lingua italiana (durata: 91'05") / Data del rilascio internazionale (streaming): 28/04/2023

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