Regia di Gianluca Jodice vedi scheda film
Alcune considerazioni sono d'obbligo per chi, incuriosito dal film interpretato da Guillaume Canet e Melanie Laurent, volesse orientarsi al meglio tra le varie proposte giunte nelle sale cinematografiche.
Benché il sottotitolo "Gli ultimi giorni di Maria Antonietta" lasci intendere l'esatto contrario, "Le déluge" non è dedicato esclusivamente all'ultima regina di Francia. Luigi XVI e "l'austriaca" si spartiscono la scena in egual misura tanto da chiedersi il perché dell'attenzione posta unicamente sulla sovrana. È probabile che il distributore, desiderando battere il ferro finché caldo, abbia attirato l'attenzione su Maria Antonietta facendo riferimento ai recenti modaioli bio-pic dedicati alla rilettura storica delle più importanti figure femminili appartenenti alle monarchie europee.
Film come "Il corsetto dell'imperatrice", "Io e Sissi" e "Spencer" si sono posti l'obiettivo di riportare alla luce figure come l'imperatrice d'Austria o la principessa del Galles nella speranza di darne un ritratto meno convenzionale e più adatto alla sensibilità del nostro tempo. In ossequio a tali titoli e al buon riscontro da essi ottenuto ecco spiegata la decisione di BIM.
Ciò non toglie che la scelta sia fuorviante e addirittura sbagliata. "Le déluge", infatti, si conclude il 21 gennaio 1793 allorché il deposto sovrano di Francia, Luigi Capeto, viene giustiziato dai rivoluzionari. Maria Antonietta, invece, viene ghigliottinata il 16 ottobre del medesimo anno. Inutile dire che "gli ultimi giorni di Maria Antonietta" non sono quelli narrati dallo script di Gianluca Jodice e Filippo Gravino bensì quelli della vedovanza.
Ma se lasciamo al sottotitolo italiano lo spazio che merita e ci concentriamo sul titolo francese saremo di fronte alla sintesi perfetta degli avvenimenti raccontati nel film di Jodice. Perché il termine "déluge" che in italiano corrisponde ad "alluvione" è davvero efficace nel descrivere un periodo storico, turbolento e violento, in cui gli uomini politici erano protagonisti di rapide salite e rovinose cadute mentre le istituzioni venivano spazzate via con la stessa velocità con cui venivano erette. Se la monarchia era subdola, vanesia e cialtrona la rivoluzione fu violenta e tiranna. E nel miasma di delitti e torture perpetrate da ambo le parti era quanto mai facile sprofondare nelle acque torbide e violente di un diluvio politico e sociale che non riusciva a placarsi nemmeno per mezzo della lama di Joseph-Ignace Guillotin. Perciò, monarchici foglianti o irriducibili girondini, non si può fare a meno di considerare le vicende francesi dell'epoca come un fiume d'acqua impetuosa in grado di fare breccia nei muri e lavar via l'Ancien Régime, quanto la Rivoluzione che ne aveva decretato la fine. Il Re di Francia e la sua consorte, al di là dei meriti e dei demeriti personali, furono sicuramente colti dalla stessa tempesta che Gianluca Jodice evoca nel titolo e che accompagna Luigi XVI verso un miserabile destino nel suo ultimo viaggio. Il re entra nel Tempio con il sole e ne esce sotto la pioggia battente in un simbolico transito dal vecchio al nuovo e dalla vita alla morte, mentre Jodice racconta i giorni della reclusione dando uno spazio esiguo agli avvenimenti storici così da concentrare l'attenzione sulle psicologie dei personaggi.
Ho avuto l'impressione che Jodice si sia ben documentato ma abbia mantenuto un atteggiamento guardingo e conservativo nel tratteggiare i caratteri di Luigi e Maria Antonietta. Nonostante l'incapacità di prendere le giuste soluzioni per arginare la crisi del potere, credo che sia toccata in dote al sovrano l'indulgenza dei posteri (del regista stesso?) che gli hanno perdonato l'inadeguatezza politica trasfigurando l'inettitudine nella compassione (o forse la gloria) che appartiene alle vittime della più sconclusionata follia.
Il sovrano è un uomo dalla profonda spiritualità cristiana ma Jodice non sente, almeno apparentemente, il bisogno di stabilire una connessione morale tra l'indole spirituale ed il pensiero politico di Luigi. Se la rappresentazione del Borbone fa contenti i monarchici, Maria Antonietta non sembra uscire dai cliché della donna capricciosa ed altezzosa che i rivoluzionari francesi le assegnarono oltre due secoli fa per chiedere al popolo affamato la benedizione di scardinare la monarchia. La sua fama è, e rimane, un'emanazione della sinistra radicale benché il regista cerchi di smorzare i tratti più spigolosi di una donna più infelice che algida.
I due protagonisti sono davvero bravi. Il bel Canet, in particolare, risulta quasi irriconoscibile sotto le protesi del trucco. Peccato che il film dia una sensazione di un generalizzato grande freddo che nemmeno le rare sequenze di una (ri)trovata complicità matrimoniale riesce a mitigare. Jodice ottiene molto dagli attori e dalla rappresentazione dei personaggi, si avvale di attori francesi e, opportunamente, del loro idioma ma a rimanere nella memoria sono le magnifiche vetrate della Galleria Grande nella Reggia Venaria mentre i pavimenti romboidali, su cui carcerieri e carcerati si muovono illudondosi di essere qualcosa di più di una pedina dello scacchiere, sono la perfetta simbologia di una società divisa, bianca o nera, in cui fu impossibile ogni forma di trattativa e negoziazione.
Cinema Teatro Santo Spirito - Ferrara
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