Regia di Gianluca Jodice vedi scheda film
Storia di piccoli uomini ( e donne) travolti dal diluvio
Le déluge - Gli ultimi giorni di Maria Antonietta (2024): locandina
Quando Luigi XV (o la Pompadour, non si sa bene) esclamò: apres moi le déluge! non immaginava quanto profetiche fossero le sue parole se perfino il grande Marx le definì ...parola d'ordine di ogni capitalista e di ogni nazione capitalista. Quindi il capitale non si cura della salute o della durata della vita del lavoratore, a meno che non sia costretto dalla società.
Senza scomodare i grandi tessitori della Storia, la frase possiamo applicarla a tante piccole storie della nostra esperienza quotidiana, se dotati di sufficienti capacità previsionali e di un grammo di narcisismo che non guasta.
Con Louis XVI e Marie Antoinette l’ancien régime tirò le cuoia. Era scritto, era necessario e chi non lo prevedeva ci rimise la testa.
Quel giorno di agosto 1792 pioveva che Dio la mandava.
Una carrozza, forse scoperta (i rivoluzionari badavano a spese) fece fare un viaggio di due ore all’ex re per arrivare dalla prigione del Tempio al centro di Parigi.
Percorso transennato, un dispiegamento di forze della Guardia Nazionale che solo ai funerali di Elisabetta II,
arrivati sul patibolo il boia, aiutato dal fratello, avrebbe provveduto a tutte le procedure che aveva ben descritto qualche giorno prima al povero Luigi che aveva voluto incontrarlo, spinto da non sappiamo quale morbosa curiosità.
E mentre l’esangue Antonietta si lasciava andare a crisi isteriche dopo aver mantenuto fino a quel momento un aplomb decisamente regale, mentre le due figliolette ammutolite continuavano a non capire e tacevano, fuori si scatenava il diluvio di cui si diceva, uno scenario fotografato da una mano che con le tele di Turner ha un vero rapporto d’amore.
Le déluge - Gli ultimi giorni di Maria Antonietta (2024): Mélanie Laurent, Guillaume Canet
Entrare così nei particolari può farlo solo un segugio della storia, scavando nelle sue pieghe, portando a galla voci sepolte, echi lontani nel mare in tempesta della grande Storia successiva.
Chi volete che pensi agli ultimi giorni di questa famigliola spaurita, messa al centro di vicende ai suoi membri totalmente incomprensibili, scaraventati dal passato al futuro senza tappe intermedie?
Cose da perderci la testa!
E infatti l’hanno persa, nel modo più brutale che la fertile fantasia umana potesse immaginare.
Vero è che quod Deus vult perdere dementat prius, dicevano gli antichi, e il bolso Luigi XVI diede una buona mano a Mrs. Guillotin suggerendogli di usare una lama a taglio diagonale, avrebbe tagliato presto e bene il collo come un coltello.
Piccoli particolari su cui Jodice, il regista di Le déluge, si sofferma con gusto documentaristico non privo, però, di quell’umana pietà che la morte di un essere umano non può non destare.
Fosse anche l’ultimo dei tiranni, la morte non è mai indolore e le ideologie con accompagnamento sonoro di rivoluzioni perdono tutto il loro fascino.
Jodice compie un’operazione inconsueta, che non piacerà ai Francesi molto gelosi dei loro santini, ci parla degli ultimi giorni dell’erede di re Sole, uno che era nato re, e se si nasce re difficile che si riesca a immaginare cosa vuol dire non esserlo.
Tutta l’aneddotica su di lui e la regale moglie, anche lei convinta che la vita vera fosse quella di Versailles, sparisce e sulla tela restano la polvere, la sporcizia, la tristezza di giorni cupi, nel carcere di una torre desolata, in attesa di chissà quale futuro, riuscendo a tratti a nutrire qualche speranza , subito smorzata.
Le cose andarono davvero così, parlarne non è vuoto esercizio retorico né morboso gusto cronachistico.
La Storia si può leggere in tanti modi, sul Principe e su chi scrisse di lui le posizioni possono essere diverse, possiamo definirlo quel grande che temprando lo scettro ai regnatori gli allor ne sfronda ed alle genti svela di che lagrime grondi e di che sangue, oppure, parlando dell'opera, Bertrand Russell la definì un manuale per gangster.
I tempi cambiano, si evolvono o si involvono, tutto è vero e sulla famiglia Capetingia stendiamo quel velo pietoso che Jodice ha saputo stendere, con umana pietà, con un racconto sobrio, malinconico più che doloroso, creando personaggi degni di quel palcoscenico dove un giorno lontano arrivò un re, Macbeth, a pronunciare con voce sommessa l’epicedio per l’amata regina, ma buono per tutti noi, compreso Louis XVI … domani e domani e domani striscia a piccoli passi, di giorno in giorno, fino all'ultima sillaba del tempo prescritto; e tutti i nostri ieri hanno illuminato a dei pazzi il cammino verso la polverosa morte. Spegniti, spegniti, breve candela! La vita non e che un' ombra in cammino; un povero attore che s' agita e si pavoneggia per un' ora sul palcoscenico e del quale poi non si sa più nulla. E' un racconto narrato da un idiota, pieno di strepito e di furore, e senza alcun significato
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Decisamente accattivante la tesi di una vicenda storica epocale derubricata nell'umiliante boutade (un'amara ironia si intravede in filigrana anche dal tuo bellissimo pezzo) di un inglorioso epilogo familiare. D'altronde la 'Storia' si sarebbe ripetuta coi Romanov nel 1917 (sulfureo anagramma di 1791, anche se la parola fine venne scritta col sangue solo nel 1918), accomunando la sorte di due ex rampolle di lingua tedesca cui era toccata in dote una infausta trasferta maritale. Nelle parole di un famoso ex dissidente sovietico, si legge la stessa compassione umana nella descrizione dei furgoni FIAT coi motori accesi che attendevano fuori da Casa Ipat'ev che i cekisti eliminassero gli ultimi eredi di una longeva dinastia zarista che un altro tiranno altrettanto longevo avrebbe sostituito. E' vero, la Storia si può leggere in tanti modi, ma forse questa acribia di guardare nelle miserie umane è il modo più giusto.
Grazie Maurizio, si, è proprio quello che fa riflettere in questo film, che cioè la violenza sia sempre il viatico per cambiamenti necessari . Triste. Consuetudine umana, ahimè! Ciao
Commenta