Regia di Pietro Germi vedi scheda film
IL CINEMA AI TEMPI DELLA QUARANTENA
In una imprecisata cittadina benestante di provincia nel Veneto, una serie di disavventure sono destinate a mettere a dura prova l'apparente perbenismo che nasconde, sempre più a fatica, la disarmonia familiare che caratterizza un manipolo di agiati commercianti della più integerrima borghesia locale.
Nel primo dei tre episodi, che potrebbe intitolarsi "Che resti tra di noi", il dongiovanni mantenuto Toni Gasparini (Alberto Lionello) rivela al suo amico medico di essere impotente da mesi, ma al solo fine malizioso di essere da questi lasciato libero di trascorrere del tempo con la bella giovane moglie di lui (Beba Loncar).
Tanto più sembra infischiarsene il medico di mantenere il dovuto riserbo, ostentando frecciate sull'impotenza dell'amico ad una festa mondana in presenza dello stesso, quanto più quest'ultimo saprà giovarsene, senza pericolo di poter essere gravato da conseguenze di alcun tipo.
Nel secondo episodio, un mite impiegato di banca, Osvaldo Bisigato (Gastone Moschin), infelicemente coniugato con una ricca e sprezzante borghese (Nora Ricci) e con due figli a carico, si innamora perdutamente, e presto ricambiato, della dolcissima e bellissima cassiera di pasticceria Milena Zulian (Virna Lisi). L'umiliazione subita dalla tremenda consorte a causa delle solite malelinque impiccione, induce il ragioniere a sfoderare l'orgoglio di uscire allo scoperto.
Ma esplicitare il proprio status di uomo fedifrago, produrrà tutta una serie di situazioni in cui la principale vittima diverrà la povera e dolce Milena, oltre che il povero ragioniere, divenuto bersaglio e zimbello di tutte le autorità e cariche cittadine.
Nell'ultimo episodio, che potrebbe intitolarsi "Bianca come el late, dura come el marmo", una splendida paesana di nome Alda Cristofoletto (la procace Patrizia Valturri) reputata maggiorenne, e di bellezza folgorante, nell'addivenire in città dalla campagna per comprare una gomma per innaffiare l'orto al padre contadino, viene circuita dal branco di famelici e maliziosi amici commercianti: un titolare di boutique di scarpe (Franco Fabrizi), un farmacista (Giulio Questi), un architetto, lo stesso medico e il dongiovanni mantenuto Toni Gasparini del primo episodio, ed altri. Peccato per loro che il padre della minorenne se ne accorga, e li denunci per sfruttamento di minori.
Ci penserà la tenace ed astuta nobildonna Ippolita Gasparini (Olga Villi), moglie tosta del Toni, a risolvere la questione, inducendo marito ed amici fedifraghi a pagare, ma compesando bene la trattativa, fino a riuscire a divenire, tra tutti, la vera vincitrice, morale ed economica, di tutta l'incresciosa e scomoda, morbosa vicenda. Su una sceneggiatura scritta da Germi assieme ad Age & Scarpelli e un non accreditato Ennio Flaiano, Signore e Signori conclude, spostandola al Nord Italia, la sagace trilogia sull'opportunismo e l'ipocrisia della società-bene nell'Italia dell'irresistibile boom economico, così sapientemente portata avanti nei due precedenti "meridionali" Divorzio all'italiana e Sedotta e abbandonata.
Ne scaturisce un film memorabile per l'arguzia delle sfaccettature che emergono dai finemente sfaccettati con cui si descrivono e fanno vivere i singoli, sordidi e immorali personaggi, tutti a vario modo ignobili e grotteschi, che vanno a completare una carrellata di mostruosità celata in un falso perbenismo disposto a tutto purché la verità resti un compromesso da tener sotterrato da apparenze integerrime ed inappuntabili. Cast straordinario e variegato, in un film che conclude al meglio l'accennata, spassosa, parodistica ma anche allarmante trilogia di cui sopra, e che, alla sua presentazione in Concorso al Festival di Cannes, fu forgiato meritatamente del Gran Prix della Giuria, ottenuto ex-aequo con "Un uomo, una donna" di Claude Lelouch
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta