Regia di Pietro Germi vedi scheda film
Quando la commedia all'italiana sapeva inscenare la farsa dall'acuto e impietoso sguardo sulla realtà. Pietro Germi irride l'Italietta del boom economico e la borghesia provinciale delle professioni, che non ha fascino discreto ma solo malcelata vigliaccheria e villana scemenza mascherata di giovialità, e che non riesce, anzi non vuole scrollarsi di dosso la polvere delle sue inveterate meschinità. Allestisce un gustoso quanto straniante teatrino di caratteri che ricorda la Commedia dell'Arte. La coralità con cui dirige gli attori, tutti appropriati, sa di grottesca sagra paesana celebrata in una Treviso riconoscibile nei luoghi e nella comica, perché balorda, parlata dialettale. I piccioni volano in piazza dei Signori, mentre i perdigiorno perbene stanno al bar a commentare il passaggio della gente e a dar libero sfogo alle malelingue. Se non si riesce a farli zittire nei tre capitoli in cui è strutturato il film, almeno alla fine li si condanna senza appello al ridicolo di una mattinata domenicale in centro.
Nel primo, una festa in casa di un “notabile”: è un carosello di relazioni extraconiugali, scherzose malignità e tiri mancini scambiati fra compagnoni, cinguettii di svampite e battibecchi tra inacidite; scena mordace che sarebbe degna di un Bunuel realista e italiano. Spassoso riconoscere la Moira Orfei di diverse decadi fa, dallo sguardo intrigante che ingelosisce e scatena il veleno delle vipere che le stanno intorno.
Animatissimo anche il secondo capitolo, il più lungo: entra in scena l'istrione Gastone Moschin nella parte dell'impiegato di banca Bisigato. Insoddisfatto, sottomesso e irrilevante in ogni occasione, in fuga da una moglie autoritaria e irritante nella logorrea dei continui rimproveri (Nora Ricci in una perfetta caricatura) insegue disperatamente e ingenuamente il miraggio di un “vero amore”: la bambolina Milena, una Virna Lisi che sa tenere testa a Moschin in duetti divertenti (il suo personaggio pronuncia una delle migliori battute del film: emozionata dopo la dichiarazione d'amore di Bisigato, rassicura l'amante preoccupato di averla offesa dicendo “No no, no 'l xe “offesa”, xe orgasmo, grazie!”).
Per finire la satira diventa risata amara di denuncia, quando si narra di una giovane contadina più volte sedotta che assieme al padre, irruente ma sempliciotto, rischia di far scoppiare un enorme scandalo negli ambienti della buona società cittadina. D'autorità pone rimedio la “morigerata”, influente e religiosa moglie di uno dei seduttori, una perpetua di città, “arrendevole” però in campagna.
C'era il materiale per tre diverse pellicole, ma il pericolo della dispersione è evitato dalla sceneggiatura che mantiene, senza divagare, il filo della narrazione per tutta la durata del film. Lo sfottò riesce, e si conclude con l'augurio di una “Buonasera” alle signore e ai signori in sala.
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