Regia di Chris Buck, Fawn Veerasunthorn vedi scheda film
Wishing this was never produced. La parabola discendente dalla centenaria Disney prosegue inesorabilmente verso sempre più fitti abissi d’insondabile piccineria. Nel senso di picciola o nulla ispirazione, picciola o nulla capacità emozionale, picciola o nulla memorabilità.
"Oh, shit, pensavo fosse un'idea buona, fiuuuhh"
Wish è un pasticciaccio, un conglomerato di “cose” di ben scarsa consistenza e rilevanza, assemblate alla bell’e meglio in palese mancanza di qualsivoglia convinzione, datasi alla macchia al pari della creatività.
Persino l’animazione è straniante: la giustapposizione degli sfondi in 2D (abbastanza riusciti, anche se non particolarmente impressionanti) con i personaggi bambolotto in 3D produce un effetto, sicuramente non voluto, per il quale questi ultimi paiono quasi incompleti, quasi realizzati al momento in vista di ulteriori migliorie, alla stregua di un preliminare rendering, incompiuto e imperfetto.
"Ehhh, che ce vuoi fa'..."
Ma è il meno. Il dramma vero incomincia con tutto il resto. A partire da una sceneggiatura francamente disarmante, priva di alcun mordente. Non c’è un solo personaggio degno di nota, una so la trovata, un solo guizzo.
Le solite canzonette pop di ‘sta cippa oltreché onnipresenti sono una più generica e dimenticabile dell’altra (d’altronde, dagli autori dei testi per Justin Bieber c’era poco da attendersi…).
Il cosiddetto cattivo è più pallido e insignificante di Casper. La protagonista è la solita “principessina postmoderna" (onnipresente da quando a dirigere i giochi c’è Jennifer Lee, non per niente sceneggiatrice di questo e di quell’altro obbrobrio di Frozen): ego-riferita, senza carisma, sempre uguale a se stessa, vacua, supponente e pure vagamente antipatica, la quale soprattutto non va incontro ad alcuno sviluppo caratteriale.
"Magari fossimo in un film di Miyazaki. Ma pure di Bluth. O del Disney che fu. Ahh, che sogno..."
Anche perché l’arco narrativo – se così si può chiamare – è di una tale mollaggine, prevedibilità e monotonia che ad una certa, forse, pure agli autori non è più fregato niente e hanno solo voluta finirla fuori in fretta, porre fine allo strazio.
Wish è un frullato privo di inventiva; un concentrato liofilizzato della formula Disney degli ultimi dieci anni almeno; un prodottino denaturato senz’alcuna reale trazione narrativa, di conseguenza di una noia mortale. Il cinema d’animazione di qualità alberga altrove.
Wish: l’equivalente “fiabesco-disneyano” di Super Mario Bros. E allegria.
"Guarda, me ne frega tanto così, ma tanto così, eh!"
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