Regia di Roberta Torre vedi scheda film
La prima mezz'ora del film è davvero pregevole. La figura della protagonista è riuscita e credibile, in quel suo carattere di persona indurita dall'odioso mestiere di corriere della droga nonché di moglie intoccabile del boss. La bella interpretazione di Donatella Finocchiaro la fa sembrare una nuova Anna Bonaiuto della Vuccirìa. Sì, perché, tutto sommato, il personaggio è anche molto sofferto e fragile, non appena qualche folle infrange il diaframma di questa molto presunta intoccabilità. Ecco che emerge tutta l'inconsistenza da castello di carte di una vita basata su convenzioni tenute in vita dalla legge della pistola e dell'omertà: la polizia intercetta le telefonate tra gli amanti ed arresta la banda. Fine della prima vita di Angela. Potrebbe iniziarne un'altra. Ma qui la Torre, palermitana d'adozione e d'elezione, si perde e la sceneggiatura del film mostra diverse incongruenze. Segnalo le due che mi sono balzate agli occhi: 1) scompare quasi subito la figlia di Angela, ed è una scomparsa non da poco, poiché nella vita di una donna i figli sono l'ultimo bene da abbandonare; 2) Masino, scagnozzo da quattro soldi, tutto sensi e poco cervello, si trasforma d'incanto, come dice Saro in prigione, nel "principe azzurro".
Una buona figura femminile, in ogni caso, di quelle rare nel cinema italiano, affidata ad un'attrice esordiente, ma già credibile e brava.
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