Regia di Gaspar Noé vedi scheda film
«Sai una cosa? Il tempo distrugge tutto», dice un vecchio laido, seduto nudo sul letto di una camera squallida a un uomo un po’ piÙ giovane di fianco a lui. Quel vecchio e quella frase sono la chiave di volta di “Irréversible”, il film di Gaspar Noé presentato al festival di Cannes. La frase è chiara e, come dice il titolo, irreversibile: qualcosa di bello viene irrimediabilmente rovinato. La presenza del vecchio è un po’ più criptica, un vezzo di autoreferenzialità che possono cogliere solo gli spettatori che avevano visto i due film precedenti di Noé, “Seul contre tous” e il cortometraggio “Carne”, dei quali il vecchio, un macellaio che stupra sua figlia, era il protagonista. Noé è ossessionato dalla violenza e dall’orrore della vita e li ritrae con incosciente crudeltà: la sua macchina da presa fruga negli anfratti più ”privati”, non sta ferma, sempre alla ricerca del ”non mostrabile”. Ma, se la crudezza ai limiti dell’immoralità di ”Seul contre tous” era giustificata dall’oggettiva crudeltà della vita del protagonista, la violenza di “Irréversible” pare fine a se stessa. Il film vive della sua prima mezz’ora: il vecchio, il locale gay Rectum, la carne che cerca carne al suo interno e la carneficina che vi si svolge, lo stupro di Monica Bellucci nel sottopassaggio. Tutto dettagliato, ravvicinato, troppo realistico nonostante l’ostinata cupezza cromatica, oltre la soglia di guardia non del buon gusto, ma dell’etica dell’immagine. Un carrello è un gesto morale, diceva Godard; anche la rappresentazione di uno stupro e del massacro di un uomo a colpi di estintore (anche se è un bastardo, ma non il bastardo ”giusto”). C’è troppa pancia nella filosofia spicciola della banlieu di Noé. E soprattutto, non c’è nessun interesse per quel che succede nell’ora successiva (o precedente): i protagonisti attraversano lo schermo senza lasciare traccia, trasparenti e insignificanti come un luogo comune, indietro, verso la serenità manierata di uno spot pubblicitario che il dio di Noé massacrerà. Non ci piacciono, non ci commuovono, esistono solo in funzione di uno ”scandalo” a tavolino.
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