Regia di Gaspar Noé vedi scheda film
Gaspar Noè mette in scena un insulso teatrino fatto di pochi ma marcatissimi elementi stilistici, che probabilmente riteneva potessero conferirgli uno stile registico, ma che hanno finito solo per classificarlo come un autore pressappochista seppur con qualche raro lampo di genialità.
Il film si fonda su 3 peculiarità.
Innanzitutto uno stile narrativo a ritroso: affascinante, sempre interessante, ma affatto originale (chiedere a Christopher Nolan e al suo “Memento” di 3 anni prima). In pratica il film prevede il proponimento della storia partendo dall’ultima scena per poi ritornare a ritroso verso l’incipit della vicenda che coincide con la conclusione della pellicola.
Altra peculiarità l’utilizzo della macchina da presa stile “mal di mare”. I movimenti della mdp nei primi 12’ di pellicola è stomachevole: la cinepresa gira su sé stessa, compie traiettorie irreali, inquadra in maniera distorta e fastidiosa. Occorre attendere il minuto 13 per vedere finalmente un’inquadratura degna di tal nome (anche se si tratta di una camera a mano). L’inizio e la fine del film vedono una mdp intenta a ruotare sempre più vorticosamente, con gli ultimi attimi del film che uniscono a questa poco felice pratica di ripresa un’intermittenza sempre più asfissiante del bianco e del nero ed un suono assordante. Decisamente delirante e senza un perché.
Terzo ed ultimo elemento caratterizzante è l’utilizzo della violenza gratuita e reiterata. La ferocia di alcuni personaggi, ma soprattutto il tergiversare su particolari ributtanti o anche il fatto di prolungare determinate scene oltre il dovuto non fanno altro che denotare il premeditato uso di violenza senza una finalità (a livello di sceneggiatura), senza edulcorazioni, senza lasciar sottintendere, senza insomma lasciare scampo allo spettatore. Si vedono, in ordine sparso, un braccio spezzato, un uomo ucciso a colpi d’estintore, il pene di Cassel e quello di un viados, e last but (decisamente) not least, il famigerato stupro ai danni della Bellocci, che dura 8 interminabili, imbarazzanti, squassanti minuti.
Tutto, probabilmente, per coprire voragini di sceneggiatura decisamente evidenti.
Si salvano solo Vincent Cassel, la Bellucci nella scena dello stupro (è meno digeribile ciò che si sente rispetto a ciò che si vede) ed alcune ambientazioni (in particolare il “Rectum”, nonostante il nome banalissimo) e delle location che ricordano la Parigi sconfortante e claustrofobica de “L’odio” di Kassovitz.
Probabilmente è il film più ripugnante che si sia visto al cinema negli ultimi 10 anni, compresi i generi hardcore e splatter. Anche se unico del suo genere e per questo degno d’esser visto.
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