Regia di Emanuele Crialese vedi scheda film
Una donna. Una moglie. Come la Gloria di Cassavetes, Grazia (alla quale Valeria Golino dona con estrema generosità il suo corpo dal profumo di mandorlo) non è “normale”: se è triste è triste davvero; se è allegra è capace di tutto. Vive a Lampedusa, tra canzoni di Patty Pravo, l’odore fortissimo del pesce, bande di ragazzini che rispecchiano il forte contrasto della natura del luogo e uomini pronti a imbracciare i fucili non appena lei, con la complicità del figlio tredicenne, libera decine di cani da una brutale anticamera di morte. Grazia, dunque, è “anormale” e il marito vorrebbe che andasse a Milano, a farsi curare da un “dottore”. Inevitabile la fuga, inevitabile tornare a mischiarsi fra le grotte e lo scenario selvaggio che, anni prima, l’aveva regalata al mondo. Il secondo lungometraggio di Crialese lotta con l’estetica di Tornatore e di Aurelio Grimaldi e con l’incomunicabilità dell’Antonioni di “L’avventura” senza complessi di inferiorità. Il suo orgoglio è tutto siciliano. Così che la forza del suo intenso, a tratti bellissimo film, pare venire proprio da quel mare dove, alla fine, i protagonisti della sua storia vanno a tuffarsi e a rifugiarsi. Ultimo domicilio possibile per le persone che hanno solo voglia di vivere. Libere.
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