Regia di Emanuele Crialese vedi scheda film
Un film soffocante, che opprime sul nascere quell’afflato di libertà vitale emanante dalla protagonista. Però lei sembra voler apparire “alternativa a tutti i costi” (donna disinibita, mamma amica, animalista militante), in un contesto familiare e paesano che ha un po’ troppo del “padre padrone”, con, in aggiunta, un’impronta matriarcale proveniente dalla suocera. Ne risulta un quadro un po’ forzato, in cui il riferimento ad un presunto psichiatra del nord che potrebbe curare la “malattia” della giovane donna interviene come una stridente nota di apertura al mondo moderno. Quasi a voler smorzare, a posteriori, i toni surreali dell’ambiente, l’interpretazione di Valeria Golino è impostata su un registro basso, quasi trattenuto, a tratti imbarazzato. In sintesi, la pellicola sembra non sapere bene dove andare a pescare quel pathos evocato dal titolo, e cerca di recuperarlo in extremis, nella scena finale che vorrebbe attingere al mito, ma invece suggella il carattere indeciso, e forse immaturo, della sceneggiatura.
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