Regia di Riccardo Milani vedi scheda film
Non può (e non vuole) accampare l’alibi della favola, “un Mondo a Parte”, ed è la “dimostrazione” che a volte la cerchiatura del quadrato non dà 34 e che il 32 è sempre in agguato.
Il mal di stomaco di Alessandra Barbonetti (adorabile; lei, “da Benedetto Croce a Greta Thunberg”, non la sua aspra, amara, biliosa nausea psicosomatica dolcemente woke – in un film in cui, elencandoli in ordine di presenza numerica, burini, romanacci, ucraini, marocchini e ritardati rispondono con una pernacchia al coro in eterno sottofondo che le perpetue baffute intonano al calar delle tenebre che ciclicamente (geograficamente e storicamente) gettano la loro ombra a mezzodì: “Al giorno d’oggi non si può più dire niente, signora mia!” – da placar sgranocchiando e trangugiando biscotti cavati fuori da ogni apposita tasca), attrice di Avezzano, è il mio medesimo quando assisto, come in questo caso, a qualche sbilenco sgarro di campo & contro campo alla continuità di montaggio (‘sta neve sui parabrezza che appare, scompare, torna, svanisce e ritorna) e a qualche sciatto lassismo riempitivo di sceneggiatura d’ambientazione vuoi situazion-battutista (il “coinvolgimento” del Jonathan Safran Foer di “We Are the Weather: Saving the Planet Begins at Breakfast” e del Vito Teti de “la Restanza”) vuoi “drammaticamente pretenziosa alla cazzo di cane” (la scena - ovvero: la… “cosa” - che porta al salvataggio della studentessa, interpretata dal bel volto e dai begli occhi di Maria Vitale, non-attrice di Pescasseroli, e quella del salvataggio stesso: anche a riassistervi non ci si crede per quanto è, da qualunque verso la si voglia prendere, letteralmente brutta: “ineguagliabile” forse no, ma irricevibile, indifendibile, invalicabile, insormontabile e respingente sì) di troppo, e se esistono “i film alla Antonio Albanese”, attore di Olginate, allora questo lo è, in pieno [e penso soprattutto a “È Già Ieri” di Giulio Manfredonia, a “Contromano”, dello stesso Albanese, e a “Grazie Ragazzi”, dello stesso Milani, mentre ad esempio “Uomo d’Acqua Dolce” e “la Fame e la Sete”, sempre dello stesso Albanese, da una parte, e, dall’altra, “Vesna Va Veloce” e “la Lingua del Santo” (Carlo Mazzacurati), “Tu Ridi” (Paolo e Vittorio Taviani), “Giorni e Nuvole” (Silvio Soldini), “l’Intrepido” (Gianni Amelio) e “i Topi” e “Cento Domeniche” (sempre dello stesso Albanese), sono qualcosa d’altro, di più, così come le messe in scena dei Cetto La Qualunque (sempre di Manfredonia) e dei Gatti in Tangenziale (sempre di Milani) sono qualcos’altro ancora, di meno], ma, sarà il mio oramai irreversibile rammollimento, la sufficienza e pure piena non posso non assegnargliela, a “Un Mondo a Parte” di Riccardo Milani, film “fotocopia di una fotocopia” che il regista ha scritto con Michele Astori (producono Wildside, Medusa - che distribuisce (in quasi un quarto di secolo il TG5 non si è, mai, occupato tanto della viabilità abruzzese come quanto in queste quasi due ore di film) con Amazon - e MiC, cioè “noi”, con regione Abruzzo, sottoinsieme di “noi”, cioè in gran parte “loro”) ritoccandolo però con qualche artigianal-esperto bel-buon tocco da “allievo” [e no, non faro, né qui e ora né altrove e poi, i nomi de(gl)i (im)pa(l)pabili maestri lungo questa successione d’interi]. E poi, valore aggiunto, i versi di pettirosso, ghiandaia e aquila reale vengono identificati correttamente.
(© Ernesto Ruscio / Getty Images)
E valore aggiunto è quello portato da Virginia Raffaele (se togliamo dalla “gara” per sopraggiunta e giustificatissima deificazione Paola Cortellesi, allora lei è l’odierno nome di punta - mainstream e no: "Come Quando Fuori Piove" - di ciò che sono state Franca Valeri prima e Monica Vitti e Mariangela Melato poi, seguita a ruota da Emanuela Fanelli), attrice di Roma, che comunque risulta - se non “sottoutilizzata”, di certo - “limitata” dal contesto, mentre chiudono il cast, fra le persone non ancora citate, tra gli attori e i “non”-attori: Sergio Saltarelli, viaggiatore di Pescasseroli, Sergio Meogrossi, attore di Cerchio, Corrado Oddi, attore di Avezzano, Annino Del Principe, fornaio di Pescasseroli, Elisa Di Eusanio, attrice di Teramo, Tiziano Gentile, operaio edile di Pescasseroli (morto prima dell’uscita del film e che condivide la dedica finale assieme ad una credo/penso “ideale” Agnese ivangrazianiana) e, tra i non-attori bambini, per non far torto ad alcuno (ma in realtà facendo torto agli altri 13… tutti molto bravi) ne cito uno per tutti, Donatella La Cesa, “non”-(?)-attrice di Pescasseroli.
Fotografia di Saverio Guarna, montaggio di Patrizia Ceresani & Francesco Renda, scenografie di Marta Maffucci e musiche di Piernicola Di Muro (mentre una lode a parte la merita il recupero – e il buon utilizzo sui titoli di coda – della branduardiana “Taglia la Testa al Gallo” di Ivan Graziani, prima traccia di “Agnese Dolce Agnese” del 1979, album che ovviamente contiene anche la già semi-citata para-omonima/eponima title track).
Quindi, per rimanere in terra marsicana, ad esempio il confronto con “il Posto dell’Anima” è un po’ impietoso: vent’anni se non hanno portato a un’involuzione di sicuro non hanno evoluto (magnifiche sorti, e progressive) alcunché: tra “Piano, Solo” e “Benvenuto Presidente!” dev’essere successo qualcosa: “Tutti Pazzi per Amore” by Ivan Cotroneo, probabilmente, ovvero la TV, quella (pronome dimostrativo indicativo, non aggettivo determinativo dimostrativo rafforzativo) cagna (per dire: anche solo l’iper-derivativa “Tutto Può Succedere” è già d’un’altra razza). E comunque Guido Chiesa è “finito” peggio.
In somma, che cicciobombo e maranzino non sappiano chi sia Alberto Moravia ci sta, ma, se fare un film su Amico “Amerigo” Aspertini può essere cosa improba, almeno s’è colmata la lacuna (generale, non pescasserolese) che inghiottiva Cesidio Gentile, detto «Jurico», (1847-1914), poeta-pastore:
- Benedetto Croce, “Versi di un Pastore Abruzzese”, in “Aneddoti di Varia Letteratura”, Ricciardi, Napoli, 1942, Laterza, Bari, 1953-’54;
- Cesidio Gentile, “Leggenda Marsicana”, tipografia Lunense, Sarzana, 1904;
- “la Vita e le Opere di Cesidio Gentile detto «Jurico», poeta-pastore di Pescasseroli (1847-1914) – Atti delle Conferenze per il Centenario della Morte”, a cura di Gianluca Tarquinio, edizioni Kirke, Cerchio, 2015, 2024: libro che compare nel film, redatto però tanto nella parte testuale (a pagina 28 la frase - mal costruita per doppia negazione, ma in compenso senza "d" eufonica di troppo - "Purtroppo, fino a oggi, non abbiamo rintracciato nessuna fotografia di Jurico" diventa una più improbabile "Purtroppo, fino ad oggi, abbiamo rintracciato solo alcune fotografie di Jurico") quanto, reciprocamente, in quella iconografica (a pagina 29 in sostituzione delle 3 fotografie in bianco e nero originali ritraenti Olindo Domenico Elia (1890-1968), un figlio di Jurico, compaiono 3 fotogrammi tratti dal finale del film ritraenti l’interprete e compaesano del poeta-postore, ovvero Ezechia Trella, capogaurdia del servizio di sorveglianza del Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise).
In fine, “Un Mondo a Parte”, pur non essendo ambientato nella scuola elementare parastatale Julia Roberts con Donnarumma appeso in parete al posto di Mattarella e lezioni su Zucchero “Sugar” Fornaciari, è più divertente che irritante/deludente, e comunque, caro studentello che parla a nome del gruppo di lavoro interdisciplinare dei miei coglioni, l'opera figurativa di Albrecht Dürer del 1514 (“29!” - “Bravo!” - “Grazie!”) che contiene il “Quadrato Maggico” non è un quadro, ma un’incisione a bulino, si chiama “Melencolia I” e non “la Melanconia”, e il “34” lo si ricava non solo dalla somma di ogni riga, colonna e diagonale del quadrato a sedici caselle, ma pure da quella dei 4 quadrati d’angolo, del quadrato centrale, dei 2 quadrati laterali mezzani dell'asse orizzontale (mentre, sull'asse verticale, sottraendo dal quadrato centrale inferiore il quadrato centrale superiore si ha “32”, epperò se li si somma e poi si divide il totale per due si ha… indovinato!), dei 2 numeri superiori centrali coi 2 numeri inferiori centrali, dei 2 numeri laterali di sinistra coi 2 numeri laterali di destra e dei 4 numeri d’angolo. Lo so, non c’entra un cazzo con “Un Mondo a Parte”, ma son tipo 36 anni che volevo dirglielo, a ‘sto stronzo.
Non può (e non vuole) accampare l’alibi della favola, “un Mondo a Parte”, ed è la “dimostrazione” che a volte la cerchiatura del quadrato non dà 34 e che il 32 è sempre in agguato.
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