Regia di Riccardo Milani vedi scheda film
Stiamo vivendo un imbruttimento/decadimento generalizzato, per certi versi irreversibile o almeno considerato tale. Le soluzioni scarseggiano e spesso sono contraddistinte da bandierine politiche che non producono risultati significativi, anzi va già di lusso se non peggiorano le cose assestando il colpo di grazia. Fortunatamente, al di là dei disastri in corso, che nessuno può negare, c’è ancora una sparuta minoranza che crede in un futuro diverso, chi non si rassegna e non ha intenzione di alzare bandiera bianca, chi nel suo piccolo non si limita a lamentarsi e cerca di fare attivamente la sua parte.
Come affermato in un’intervista televisiva da Antonio Albanese, magnifico e ineguagliabile mattatore assoluto di Un mondo a parte, ci stiamo abituando al peggio. Subiamo passivamente e ci adeguiamo alla situazione cercando di limitare i danni, senza avere una prospettiva verosimile. Proprio per queste ragioni, il film diretto da Riccardo Milani con cognizione di causa, per quanto non sia esente da difetti alquanto fastidiosi, merita lo spazio e la considerazione che si sta giustamente conquistando sul campo.
Dopo aver trascorso gli ultimi trent’anni della sua vita a insegnare nella periferia di Roma, Michele Cortese (Antonio Albanese – Cento domeniche, Giorni e nuvole) ottiene uno spostamento temporaneo nella scuola di Rupe, una minuscola località nella Val di Sangro.
Accolto con calore da Agnese (Virginia Raffaele – Tre di troppo, Denti da squalo), la vicepreside, Michele deve confrontarsi con una realtà ambientale non facile, tra nevicate abbondanti, animali selvatici e la mancanza di quei confort che altrove sono dati per scontati, ma soprattutto con la minaccia di chiusura della scuola qualora non vengano trovati quattro nuovi iscritti per l’anno successivo.
Armandosi di tanta buona volontà, Michele e Agnese, assecondati dagli abitanti del luogo, cercheranno in tutti i modi di scongiurare un evento che finirebbe per mettere la comunità definitivamente in ginocchio.
Dopo le carceri dell’ammirevole Grazie ragazzi, si ricostituisce il duo formato da Riccardo Milani e Antonio Albanese passando alla scuola, cha tanti anni fa il regista aveva raccontato in Auguri professore, un’altra istituzione che dovrebbe essere centrale per guardare al futuro e che invece, nonostante gli innumerevoli propositi sbandierati – sfacciatamente e inutilmente - ai quattro venti, è un presidio in affanno, che non gode affatto di buona salute.
Scritto dal regista con il supporto di Michele Astori (La mafia uccide solo d’estate, Speravo de morì prima), Un mondo a parte accende la fiammella della speranza affidandosi ad abbinamenti vincenti, fondamentali solidi che producono frutti sostanziosi e nutrienti.
Da una parte, la commedia, molto brillante e scoppiettante soprattutto nella prima parte quando sfrutta abilmente i contrasti territoriali (vedi Benvenuti al sud), deve fare i conti con il dramma in atto, dall’altra il problema legato all’istruzione va a braccetto con quello relativo allo spopolamento dei piccoli borghi, come affermato incantevoli per chi ci trascorre le vacanze ma troppo isolati per consentire agli abitanti di ricevere risposte tempestive alle loro necessità, anzitutto quando si parla dei più giovani che, in generale, hanno gli stessi sogni dei loro coetanei di ogni latitudine.
Dunque, Un mondo a parte dispone di un vivace carnet di argomenti, che tratta con umiltà e rispetto, senza troppi peli sulla lingua, dedicandosi ad entrambi i lati della medaglia, evitando di fare orecchie da mercante. Usa un occhio di riguardo per quelle piccole realtà da tutelare/preservare, tocca con mano uno stato di fatto complesso, che non si può affrontare con una visione parziale, scaglia sacrosante frecciate a chi negli anni non ha fatto la sua parte (vedi i ruderi di strutture abbandonate o mai completate) ma, prima di ogni altra cosa, omaggia chi coopera, lasciando in disparte discordie e le soluzioni di comodo, per coltivare il bene comune, quell’arte di arrangiarsi facendo di necessità, virtù, passando dalla teoria alla pratica, capendo che gli ideali sono importanti ma che poi bisogna anche adattarsi, gettando il cuore oltre l’ostacolo per non soccombere al cospetto di chi cura solo gli interessi di bottega, senza preoccuparsi dei danni prodotti.
Un lavoro di squadra indiscutibilmente redditizio, che coglie nel segno dialogando con schiettezza, nonostante alcuni svarioni in prossimità del traguardo, uno da mani nei capelli per approssimazione e gratuità (un tentato suicidio, sventato con imperdonabile superficialità), un po’ come se sentisse il bisogno di ricorrere/appoggiarsi alle convenzioni del cinema italiano contemporaneo (sarebbe bastato un minimo di attenzione per uscirne quasi indenni), laddove un suggerimento sarebbe stato più congruo di una soluzione spiattellata nella sua interezza.
Dulcis in fundo, il patrimonio umano - da non smarrire - trova un aggiuntivo e motivato riscontro dal valore garantito dagli attori non professionisti che attorniano la coppia di protagonisti, con la naturalezza incontaminata dei più piccoli e quei volti segnati da una vita vissuta quanto mai consoni per fornire una rappresentazione che risulti veritiera. Passando a chi questo lavoro lo fa per professione, Antonio Albanese dimostra di essere sempre più bravo, con un piglio garbato che conquista dal primo istante, dominando la scena senza togliere nulla agli altri, mentre Virginia Raffaele dona un apporto tutt’altro che accidentale, una verve adeguata - con insospettabile senso della misura - alle circostanze.
In poche parole, Un mondo a parte è un valido/utile esemplare di un cinema nazional popolare in grado di far riflettere senza rinunciare all’intrattenimento, una tipologia di prodotto che al di là di alcuni successi - quello recente e impressionante di C’è ancora domani - fatica a uscire dalle sabbie mobili. Un cinema ad altezza d’uomo, esaustivo e solerte, che distribuisce boccate d’aria fresca, con una dichiarazione d’intenti assolutamente rimarchevole, macchiata da un paio di sbrodolate inopportune, infrazioni frettolose e tranquillamente evitabili.
Tra questioni incombenti e solidarietà, un sistema allo sbando, ormai ridotto e pezzi, e uno spirito collaborativo che prova a rimediare, declini inarrestabili e resilienza, nobiltà d’animo e sprechi odiosi, bellezze e macerie, territori da difendere - con le unghie e con i denti - e un progresso che non si può rinnegare, promesse andate in fumo e orizzonti tutti da (ri)pensare/costruire.
Appagante e brioso, orgoglioso e rinfrancante.
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