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Waking Life

Regia di Richard Linklater vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Waking Life

di alan smithee
6 stelle

Un viaggio lungo un sogno invadente e inarrestabile che si impossessa della vita di un ragazzo,rendendolo partecipe e testimone di singole proteste e prese di coscienza.Un film logorroico e intenso sull'importanza del sogno e della coscienza che guida il nostro comportamento rendendoci coscienti di scelte che contraddistinguono le nostre esistenze

Primo film d’animazione in capo al noto e celebrato regista Richard Linklater, che riprende una tecnica conosciuta col nome di “rotoscope” già utilizzata agli albori dell’età del cinema e ripresa da disegnatori/registi di una certa fama come Ralph Bakshi in pieni anni Settanta con i suoi cartoon sconstumati e scandalosi.

La tecnica funziona in tal modo: il regista gira il film in video, come si trattasse di una normale pellicola, e successivamente una squadra di disegnatori ci “fonde” sopra i disegni, che letteralmente ricoprono ogni fotogramma, dando al disegno un realismo e ai corpi e soprattutto ai volti una espressività che generalmente il disegno animato non riesce a raggiungere per intensità e spessore.

Pur essendo interpretato generalmente da attori poco noti al pubblico, nel momento in cui vediamo Ethan Hawke e Julie Delphy, attori molto cari ed affezionati a Linklater con la trilogia sull’ “alba/tramonto di una coppia”, secondo una vicenda familiare che va avanti da ben tre decadi, capiamo ancora meglio cosa significa tutto ciò.

Comprendiamo forse meno, a dire il vero, a quale fine serva tutto questo lavoro di costruzione e farcitura successiva, paragonabile ad un dolce già interessante di per sé, a cui successivamente viene applicata una colata di caramello incandescente o altra farcitura che ne ricopre ovunque ogni fattezza, rispettandone i profili e le caratteristiche, ma modificandole nello stile ed inevitabilmente appiattendone le singole sfaccettate peculiarità.

Detto ciò l’esperimento, a cui seguirà non molto tempo dopo un altro tentativo, forse ancor più ambizioso e complesso (A Scanner Darkly), si presenta in qualche modo bizzarro, confusionario (come lo è inevitabilmente il mondo dei sogni) ma, almeno a tratti, intrigante.

“La vita da svegli” del titolo, si riferisce al fatto anomalo e curioso di un ragazzo che, appena atterrato nella sua città in seguito ad un viaggio non ben specificato, si ritrova coinvolto in una serie di incontri bizzarri ed eccentrici che gli danno il sospetto di vivere in un lungo interminabile sogno da cui egli non riesce più a svegliarsi, e che lo catapulta al centro di situazioni sballate e a contatto con personaggi molto particolari, ognuno logorroicamente impegnato a sostenere la propria tesi su tematiche esistenziali indubbiamente primarie, ma di cui i portavoce sembrano fare sfoggio con particolare, se non infoiata, saccenteria e maniacalità.

E quindi, tra passaggi in auto anfibie che solcano la strada come velieri, tra monologhi di esimi professori sulla logicità e necessità del libero arbitrio, sulla eventualità di un’esistenza divina che ci controlla e decide i nostri destini incogniti ed appesi a volontà superiori, si vola a seguire altri bizzarri personaggi: un sadico autolesionista che ci racconta concitato come l’uomo tenda ad autodistruggersi, e finisce il discorso dandosi fuoco; un uomo col megafono tutto infervorato a battersi contro gli effetti nocivi e devastanti di una globalizzazione che ci toglie l’anima; una coppia (Hawke e Delphy discute a letto nell’intimità della telepatia che può instaurarsi tra una coppia affiatata, poi un ergastolano violento e volgare sputa vendetta contro chi lo ha incastrato;

E così via di persona, od essenza di persona in avanti, fino a parlare di “onironautica”, ossia dell’esperienza, vissuta dal nostro protagonista in prima persona, di chi sta vivendo un sogno ed è consapevole di questo suo stato “sospeso”. Nel nostro caso il protagonista cerca invano di uscirne, catapultandosi di personaggio in personaggio in luoghi e situazioni sempre più eccentriche e indefinite, irrazionali e di fantasia.

L’uomo, per Linklater, deve dunque riappropriarsi del proprio destino e ricercare nel sogno la soluzione più consona, anche se magari effettivamente poco pratica, per trovare una soluzione ai dissidi morali e materiali che ci oppongono, dividono, rendono avversari.

Non è un film per tutti, questo Waking life, in grado di farsi apprezzare od amare con particolare facilità: la sequela turbolenta di situazioni in cui veniamo catapultati come vivessimo pure noi nei sogni del protagonista, risulta in effetti non facile da assimilare e molto/troppo teorica per cercare di trovare facili consensi.

Ma in fondo la dimensione eterea del sogno giustifica, almeno in via concettuale, il ricorso ad una tecnica di certo artificiosa e un po’ fine a se stessa, ma anche a tratti potente, in gradi di riflettere e rappresentare le mille sfaccettature di una espressività accigliata e controversa, che il volto umano assume quando è turbato come lo sono gli esseri (umani?) inquieti in cui si imbatte nel suo viaggio senza meta il nostro giovane protagonista.

 

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