Regia di Paolo Virzì vedi scheda film
Animato dalla nostalgia e dalla convinzione di poter rispolverare i vecchi fasti ormai andati, Paolo Virzì riunisce tutto (o quasi) il cast di Ferie d’agosto e prova a proiettarne i personaggi ai nostri giorni. La trama possiede le linee guida della precedente pellicola, che più volte viene fastidiosamente citata durante lo svolgimento della trama, già dalla musica d’apertura che riprende, a ritmo rap, alcuni dei dialoghi, passando poi per vere e proprie scene che vengono riproposte in molte occasioni, troppe.
Anche qui omette molte informazioni, tante quante ne aveva omesse nel film precedente, e ci riporta sull’isola di Ventotene insieme a Sandro Molino, ormai giornalista famoso, sposato con Cecilia da cui ha avuto un figlio, Altiero, che vive in America ed è ricchissimo grazie all’invenzione di un app di successo.
Nella villa di fronte, come allora, i Mazzalupi con Sabry che ormai è diventata una donna di successo, una influencer che sta per sposare un rozzo uomo interessato solo i suoi soldi. Non manca nessuno, a parte Ennio Fantastichini e Piero Natoli, assenti per cause di forza maggiore, entrambi sono venuti a mancare qualche anno fa, ma più che un’allegra rimpatriata, l’ultima pellicola di Virzì ha tutta l’aria di essere un’operazione nostalgica che funziona solo a tratti.
È consolatorio ritrovare i protagonisti e i luoghi estivi pregni di ricordi belli e giornate spensierate; Virzì gioca molto sullo strumento del ricordo e del rimpianto, sulla nostalgia dei tempi andati che non ritornano più e perde di vista la narrazione del film che si smarrisce in una trama frivola, piena di moderni luoghi comuni e cose importanti da voler dire in poche battute che finiscono per sminuirne il significato. Virzì tanta una virata storica, con il racconto dell’isola come luogo di confino per coloro che erano ritenuti pericolosi per lo Stato o anche per l’ordine e la sicurezza pubblica, ma il suo modo sbrigativo e sommario di provare a portare luce sull’accaduto, lo rende complice dell’indifferenza che caratterizza molti.
La pecca del (troppo) nostalgico film di Virzì sta proprio nel voler riempire il racconto di fatti estranei ai protagonisti. Le malate divagazioni di Sandro, il matrimonio social, il sessismo, e tante altre argomentazioni sempre e solo accennate, finiscono per riempire la trama di divagazioni che ne scardinano la struttura a suo modo interessante.
L’hype che personalmente mi ero creata attorno a questa pellicola è stato spazzato via già dalla prima scena, con i dialoghi cantati di cui sopra, e si è dissolto totalmente quando gli attori non presenti sono stati comunque coinvolti, con tanto di foto ricordo presente in non poche scene, in un modo che ho trovato fuori luogo e irrispettoso, quantomeno non necessario.
Paolo Virzì dimostra, ancora una volta, che il suo cinema non convince mai del tutto. A tratti commovente, in altri casi irritante, Un altro ferragosto è molto lontano dal bel film del 1996 a cui si rifà senza ritegno e che lo condanna ad un confronto impietoso da cui ne esce sconfitto.
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