Regia di Yurek Bogayevicz vedi scheda film
L'Olocausto attraverso gli occhi, la sensibilità, la dolcezza e l'innocenza di un bambino. Il piccolo Romek (il sempre più intenso e commovente Haley Joel Osment, talento naturale capace di espressioni che trasmettono emozioni autentiche e vibranti) in seguito all'occupazione della Polonia da parte dei tedeschi, essendo ebreo, è costretto a separarsi dai genitori e si rifugia presso la famiglia cattolica del cugino della madre. Il distacco dai genitori e le difficoltà ad adattarsi ad un ambiente nuovo, dominato dal sospetto e dalla paura, non renderanno facile l'inserimento di Romek, che comunque troverà nel fratellino acquisito Tolo e in un prete eccentrico ma comprensivo, due validi e importanti sostegni per affrontare con ritrovato coraggio e pronta determinazione la vita che verrà. Piccolo e quasi sconosciuto film del polacco Bogayevicz, "L'ultimo treno" è un'opera sensibile e delicata, capace di uno sguardo inedito e a tratti prezioso su una periodo storico dominato da crudeltà, violenza e terrore. Alcune idee di sceneggiatura sono molto efficaci ed intelligenti: il fratellino di Romek, Tolo, desidera a tutti i costi "interpretare" Gesu', nella convinzione che così facendo potrà aiutare i suoi amici, ma soprattutto incontrare l'amato papà, ucciso in un agguato: si identificherà a tal punto in quel ruolo da accettare, come Gesù, il sacrificio; Romek viene scambiato dai soldati tedeschi come un piccolo killer, già però spietato e violento contro gli ebrei: la sequenza in cui Romek viene messo alla prova dai generali tedeschi in una sorta di esercitazione in cui rapina le sue vittime indifese ed impaurite con un atteggiamento spavaldo e arrogante ha una crudeltà assoluta, perchè mostra come il Male non abbia limiti, corrompe e devasta anche l'innocenza, l'ingenuità e la semplicità di un bambino trasformando la sua fragilità ed insicurezza in odio, rancore e disprezzo. Certi temi però risultano solo accennati, anche perchè poco funzionali allo sviluppo complessivo della storia (ad esempio la violenza sessuale nei confronti dell'amica di Romek e la conseguente descrizione di una gioventù sbandata e bruciata, già capace di rapinare gli ebrei che scendono di notte dai treni, in cerca di una via di fuga), il personaggio del prete appare piuttosto macchiettistico e non del tutto convincente ed è un peccato perché Willem Dafoe è un attore dalle molteplici corde interpretative, qui però sprecato alle prese con un ruolo senza spessore o autentico pathos (anche se la sequenza in cui, disperato, cerca invano di catturare dei maiali per salvare vite umane, è molto forte e coinvolgente). Un'opera dalla stampo televisivo, dal ritmo discontinuo, a volte ripetitiva e troppo densa di tematiche, ma lodevole nel suo intento di voler raccontare con umiltà, sofferenza, partecipazione e semplicità una pagina dolorosa di un passato che continua a scuotere e che ad ogni nuovo capitolo pare sempre più assurdo ed incomprensibile.
Voto: 6 e mezzo.
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