Regia di Mauro Borrelli vedi scheda film
AL CINEMA
In sala il thriller Mindcage – Mente criminale, che vede tornare in regia l’italiano Mauro Borrelli, produttore, sceneggiatore e regista classe 1961. Borrelli da una dozzina d’anni è attivo negli Usa, ove ha diretto film di genere, actions e thriller come The Ghostmaker (2011), The Recall – L’invasione (2017) e, coevo a questa sua ultima fatica, l’horror WarHunt con Mickey Rourke nel cast.
Il thriller in questione è un prodotto di puro intrattenimento che ha l’ardire di attingere pesanti riferimenti da un film capostipite del genere, riuscendo in extremis a distanziarsene in un epilogo incalzante quanto improbabile.
Nel cast tutto stelle e strisce, spiccano Melissa Roxburgh, Martin Lawrence e il grande John Malkovich, presenza essenziale per dare un tono di prestigio ad un film concepito per un riscontro di massa.
In città un serial killer uccide giovani donne disponendole come al centro di un’opera artistica dai connotati religiosi.
La polizia, esterrefatta, nota la somiglianza delle varie scene del crimine con quelle che hanno contraddistinto la famigerata carriera di uno dei più famosi serial killer ancora viventi, imprigionato in un istituto psichiatrico ed in attesa di essere giustiziato.
L’Artista, questo è il nome del folle delinquente, diede del filo da torcere al valente agente Jake Doyle che, nell’arrestare l’assassino, dovette assistere alla morte di un suo caro collega, misteriosamente suicidatosi in fase di cattura del criminale.
Ora l’agente torna ad interessarsi di quei casi e a lui viene affiancata una tosta agente chiamata Mary Kelly.
Una giovane dinamica e preparata che sconta ancora oggi i turbamenti di un’ infanzia problematica per i rapporti con il padre violento.
La poliziotta si guadagna la fiducia dell’Artista, così chiamato per l’abilità nel disegnare e riprodurre dipinti di autori famosissimi ed eccelsi come Bosch e diviene l’unica interlocutrice nello strenuo tentativo di trovare una soluzione allo scottante caso che diventa ancora più urgente quando la nuova vittima viene identificata come la vice-governatrice di Stato.
A leggere la trama sopra esposta chiunque probabilmente non avrebbe dubbi a riconoscere pesanti riferimenti ad un film, capostipite del nuovo filone thriller, che ha illuminato il cinema d’autore non rinunciando al pubblico indistinto .
La poliziotta indomita e tosta che trova un’ intimità forzata ma strumentale col mostro per riuscire ad avere notizie sull’assassino emulatore, turbata da fantasmi personali di cui non è riuscita ancora a liberarsi, non può non richiamare alla mente la figura di Clarice Starling, meravigliosamente descritta dall’eccelso romanziere Thomas Harris ed eccezionalmente trasposta sullo schermo dal grande cineasta Jonathan Demme ne Il silenzio degli innocenti.
Mauro Borrelli tecnicamente dirige in modo professionale, quasi ineccepibile, ma la storia è inevitabilmente succube in modo troppo palese del suo illustre , inimitabile predecessore.
Il rimando si ha persino nei risvolti più particolareggiati: nel film di Demme l’emulo Buffalo Bill rapisce la figlia di una senatrice mentre in questo il nuovo serial killer rapisce ed infierisce su una vice-governatrice.
Solo il finale spiazza e cerca poi in tutti i modi di differenziarsi dal romanzo di Harris e dalla relativa celeberrima trasposizione.
Ma l’evento clou , che non anticipiamo, appare un po’ inverosimile e forzato.
Se da una parte la bella Melissa Roxburgh nonostante il visibile impegno, non riesce a tener testa al ‘modello’ Jodie Foster, il carismatico John Malkovich non ha invece molto da invidiare, quanto a carisma malefico, al pur eccelso Anthony Hopkins. L ‘interpretazione del divo settantenne risulta senz’altro uno dei punti di forza di un film troppo costruito a tavolino e inevitabilmente derivativo.
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