Regia di Volker Schlöndorff vedi scheda film
Volker Schlöndorff dopo alcuni anni di riflessione torna sui corpi e sui luoghi del terrorismo tedesco, tracciando il percorso della diaspora di una terrorista dal suo arrivo in città per partecipare alla lotta armata, sino al tragico epilogo post crollo del muro. Il regista non si assegna il ruolo di giudice, ma attraverso una storia vera romanzata mostra lo sbriciolamento di un’utopia rosso sangue e le profonde contraddizioni di coloro che contribuirono a crearla. Il sapore che resta nello spettatore è quello amaro di scoprire che tutto ciò che rimane di quelle vicende è un cumulo di vite buttate nella spazzatura; innanzitutto quelle delle vittime del terrorismo e poi anche quelle dei carnefici, vite allo sbando sfruttate dai servizi segreti di mezzo mondo e in fondo intrise anche loro di quella morale borghese e imperialista contro cui credevano di lottare. È un film intenso e disarmante, con il colore plumbeo di quegli anni e che disegna un desolante ritratto della vita all’Est dove il sospetto e il tradimento erano il pane quotidiano di una vita grigia in cui il massimo divertimento era una gita fuori porta con una Trabant. Un film impreziosito dalla qualità del cast che ottenne a Berlino nel 2000 l’Orso d’Argento assegnato ex aequo a Bibiana Beglau e Nadja Uhl.
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