Regia di Frank Darabont vedi scheda film
Frank Darabont non è un regista irresistibile. Adora un cinema “old style” e, affetto dalla sindrome dell’ex sceneggiatore che finalmente non deve subire manipolazioni dei copioni, si adagia sempre su tempi debordanti. 140 minuti “Le ali della libertà”, 188 “Il miglio verde” e 151 quest’ultima pellicola sugli anni più brutti della storia hollywoodiana: caccia alle streghe, processi alle convinzioni, vere o presunte, dei cineasti ritenuti comunisti. Le mani di Washington sulla capitale del cinema soffocano la carriera di Peter Appleton (Carrey), sceneggiatore di onesti B movie come “I predoni del Sahara”. Travolto da una macchinazione che non sarebbe mai riuscito a tirare fuori dalla sua macchina da scrivere, ha un incidente automobilistico e, al risveglio, si trova in una linda cittadina da illustrazione di Norman Rockwell. Non ricorda più nulla. In molti credono che sia Luke, il locale eroe della Seconda guerra mondiale e Carrey, bravo e deliberatamente monocorde, accetta la nuova identità, riapre il cinema abbandonato e “interpreta” i sentimenti medi di un’America che non è mai esistita. Omaggio, troppo sentimentale e nostalgico, a Frank Capra (che si vendica) e ai suoi personaggi dall’ottimismo inflessibile.
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