Regia di Frank Darabont vedi scheda film
All’epoca del maccartismo uno sceneggiatore sospettato di essere un simpatizzante comunista perde la memoria in un incidente stradale; raccolto dagli abitanti di un villaggio, viene creduto un soldato dato per disperso durante lo sbarco in Normandia: trova così un padre, una fidanzata, un lavoro, insomma una vita diversi dai suoi; almeno fino a quando il suo vero passato non riemergerà. Il modo in cui Carrey viene riconosciuto è decisamente frettoloso (niente esame del sangue? niente perizia calligrafica?); ma il fatto è che la piccola comunità locale, duramente colpita dalla guerra, ha bisogno di una figura eroica intorno a cui ricostruire la propria identità, simboleggiata dal cinematografo che dà il titolo al film (caduto in disuso e riattivato con l’aiuto di tutti): tanto più cocente sarà la delusione degli abitanti quando si crederanno vittime di un inganno. C’è un po’ troppa carne al fuoco (la caccia alle streghe, la magia del cinema, la possibilità di una seconda vita) e Darabont conferma l’impressione che il suo principale difetto sia quello di non saper sfrondare; ma il film si vede volentieri.
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