Regia di Frank Darabont vedi scheda film
La critica americana lo ha fatto a pezzi, ma secondo me ha esagerato. Dopo "Le ali della libertà" e "Il miglio verde" Frank Darabont ha voluto fare un omaggio al cinema di Frank Capra e insieme una denuncia della follia maccartista (l'ennesima?) e non mi sembra corretto distruggere il film in quanto anacronistico e melenso e predicatorio, perché questi difetti erano in un certo senso inevitabili data la materia narrativa del film e lo spirito con cui Darabont ha voluto ricreare quel cinema di buoni sentimenti e nobili ideali. Il film, in ogni caso, è un po' troppo lungo nelle sue due ore e mezza e nella seconda parte perde qualche colpo, nonostante la consueta esuberanza di Jim Carrey e il suo puntiglioso istrionismo che stavolta deve aderire ad un personaggio alla James Stewart in "Mr. Smith va a Washington". Non male le figure di contorno, forse non proprio memorabili ma neppure scolorite, con il solito Martin Landau una spanna sopra gli altri e la giovane Laurie Holden che si fa apprezzare nella parte della ex fidanzata di Luke. Film per spettatori nostalgici che vuole resuscitare una Hollywood sognante e fiabesca, pronta a recuperare l'impegno "liberal" ormai di moda da parecchi anni nella mecca del Cinema, ma diciamo che si è visto di meglio sia nel settore "nostalgia" (vedi ad esempio il "Tucker" di Coppola), sia in quello dell'impegno "liberal" (vedi "Good night and good luck" di Clooney). Tuttavia, nel complesso non mi ha deluso e credo che meriti una visita proprio da parte di quel pubblico che lo ha snobbato, forse influenzato da un'accoglienza critica fredda e ostile.
Voto 7/10
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