Regia di Jang Sun-Woo vedi scheda film
FAR EAST FESTIVAL 25 - OMAGGIO A JANG SUN-WOO
Il Far East Festival nr. 25 si è aperto con The Road to the Racetrack, che è uno dei tre film selezionati per comporre il tributo al grande regista sudcoreano settantunenne Jang-Sun-woo.
Questo cineasta, che ha diretto il suo primo film (Seoul Jesus) nel 1986, è considerato uno dei più famosi ed acclamati cineasti coreani della seconda metà del ‘900, ottenendo anche diversi riconoscimenti in Europa come un premio a Berlino nel 1993 e una retrospettiva a Rotterdam. Il suo penultimo film, intitolato Lies, è stato inserito nel 1999 tra i film del concorso veneziano.
E’ considerato uno degli autori che, dagli inizi degli anni ’80, ha rivoluzionato il modo di concepire l’arte della narrazione cinematografica, risultando spesso ostico ad un pubblico più tradizionalista ed in perenne conflitto con la censura per le tematiche esplicite della sessualità mostrata nelle sue opere.
Di ritorno da un periodo di lavoro a Parigi, un uomo di cui si conosce solo l’iniziale del nome (R), ritrova in aeroporto e per puro caso la sua ex amante (J).
Il primo è diretto verso casa, dove ha una moglie di origine contadina ed un figlio, ma intende divorziare in quanto non è più legato in alcun modo alla consorte.
Si accorge di provare ancora una forte attrazione fisica per la sua ex, con la quale avevano instaurato un rapporto di complicità che li legava anche nella vita e negli studi.
Ma ora la sua bella ex amante, che è pur lieta di rivederlo e di parlargli, non accetta di ricominciare ad avere rapporti con il suo ex compagno e su questo discorso non intende transigere, creando situazioni di frustrazione nel suo spasimante e un sentimento di struggimento devastante.
Tratto dall’omonimo romanzo di Ha Il-ji, uscito nel 1990, ovvero un anno prima del film, l’opera letteraria ha attratto subito il regista Jang Sun-woo per come osava affrontare l’estenuante e, se vogliamo, anche ripetitivo dialogo che il protagonista intraprende mentre è circondato da due donne che, in qualche modo, se lo contendono amandolo in modo completamente diverso da come egli desidererebbe.
E il desiderio, che crea ellissi di contatti sempre più estenuanti (che non fanno che accrescere la frustrazione dell’inappagato protagonista) si dimostrano anche nei confronti dello spettatore una bella sfida da affrontare.
La pellicola non è per nulla un film facile da affrontare o lineare e concitato al punto da poter appassionare.
Il regista coreano non si preoccupa di piacere o di farsi seguire dallo spettatore, ma anzi desidera sfinire il pubblico per aiutarlo ad immedesimarsi nello stordimento del protagonista che tenta di mediare la propria posizione tra due donne, finendo per venir messo alle corde da entrambe.
L’insistenza anche un po’ ottusa che guida i tre protagonisti della vicenda, finisce per rivelarsi l’aspetto più snervante dell’opera, ma anche la sua forza, segnando il tratto unico di un regista che ha saputo cogliere la forza dell’opera originaria, traducendola in immagini, e ancor più in dialoghi, in grado di rendere palese il disagio che dilaga nella pagina scritta.
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