Regia di Franco Giraldi vedi scheda film
COME TUTTI I GIALLI CHE SI RISPETTANO, NON BISOGNA MAI SVELARNE IL FINALE. MA ALMENO CI SIA CONSENTITO anticipare che quello del film “Voci”, diretto da Franco Giraldi e tratto dall’omonimo romanzo di Dacia Maraini, è diverso da quello concepito per il libro. Questa è soltanto una delle diverse soluzioni che il regista Giraldi (un “appassionato” di trasposizioni cinematografiche, contando nella sua filmografia diversi lavori tratti da autori come Moravia, Dostoevsky, Conrad, Soldati, De Cespedes, Vegliani) sceglie nel rapportarsi con l’universo femminile creato dalla penna di Dacia Maraini. E se qualcuna di queste (vedi la scelta di ambientare la storia nell’affascinante ed ambigua Genova piuttosto che a Roma, o la professione della protagonista che da conduttrice/giornalista radiofonica passa ad occuparsi di inchieste femminili sulla carta stampata) meglio si adeguano al linguaggio cinematografico, altre (come la risoluzione del giallo) sembrano più il frutto, il prodotto di intrecci costruiti a tavolino piuttosto che (come invece accade nel romanzo) il necessario e naturale sviluppo delle storie dei personaggi.
Ma lungi dal riproporre l’eterna questione/diatriba del rapporto film-romanzi, “Voci” appassiona, paradossalmente, più per l’indagine “privata” ed ambiguamente affascinante che la protagonista Michela (una Valeria Bruni Tedeschi sopra le righe) conduce sulla sua stessa vita scoprendo universi paralleli dentro di sé tenuti troppo a lungo soffocati, piuttosto che per l’indagine poliziesca alla scoperta dell’assassino della vicina di casa di Michela, la giovane e solare Angela (Gabriella Pession), che per non essere riuscita a fare i conti con i fantasmi del suo passato (un rapporto incestuoso con il patrigno, rancori mai sopiti nei confronti della sorella e della madre) vive invece freneticamente ed avidamente i mille universi che la circondano.
E se qualche brivido riesce a scorrere lungo la schiena non è merito del “professionale” Franco Giraldi, che si limita a svolgere discretamente il suo “compito di regia”, ma delle atmosfere plumbee, grigie e sospese che il bravo ed emergente direttore della fotografia Marco Pontecorvo riesce a creare con le sue luci riuscendo a fare di Genova la più credibile e misteriosa complice e sospettata di questo thriller dell’anima.
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