Regia di Ali Asgari, Alireza Khatami vedi scheda film
FESTIVAL DI CANNES 2023 - UN CERTAIN REGARD
Intitolato originariamente Terrestrial Verses, Kafka a Teheran è un'opera diretta a quattro mani da Ali Asgari (di cui si è apprezzato agli Orizzonti veneziani il suo drammatico Disappearance) e da Alireza Khatami (noto per Oblivion Verses, Premio Miglior Sceneggiatura ad Orizzonti 2017) che intende divenire un coraggioso monito contro le ristrettezze imposte dal regime iraniano alla vita quotidiana dei suoi abitanti, soggiogati da divieti e burocrazie in grado di trasformare la normale quotidianità in un incubo di privazioni e umiliazioni.
Un film drammatico e coraggioso che pare impensabile sia riuscito a valicare i confini del proprio paese di produzione e origine, noto per prendere di mira artisti e registi promotori di pubbliche accuse contro l’operato e i divieti imposti dal regime.
Nella capitale iraniana deo nostri giorni non è permesso chiamare il proprio figlio David perché il nome non rientra nella casistica della cultura e religione iraniana; non è possibile tatuarsi il corpo con tratti o disegni indelebili perché si profana un’opera di Dio; non si può tenere in casa un cane perché è un animale impuro: meglio sostituirlo con una coppia di canarini.
Non si può evitare di indossare un costume coprente da capo a piedi anche se si è una bambina di nemmeno cinque anni e si preferisce indossare comodi jeans. Per dieci situazioni, dieci cittadini iraniani si vedono privare dell’ autorizzazione di comportamenti che il regime considera non appropriati, o inevitabilmente fuori legge.
Come derivante da una punizione divina più che comprensibile nei confronti di chi detta legge e impone veti, una forte scossa di terremoto dalle conseguenze catastrofiche arriva alla fine a risolvere tutte queste situazioni legate alla ottusità umana e all’ignoranza che ne genera il diffondersi dilagante.
Attraverso una telecamera fissa su dieci personaggi, vittime di un regime dalle regole di comportamento al limite dell’assurdo, i due registi iraniani Ali Asgari e Alireza Khatami si dividono coraggiosamente le riprese che intendono denunciare i soprusi e gli odiosi divieti a cui sono sottoposti i cittadini iraniani durante altrettanti episodi del loro quotidiano vivere in società.
Alla maniera del maestro Kiarostami, la camera inquadra direttamente la vittima di una precisa disposizione e la riprende mentre si affanna a far valere, convinta, la propria idea, vessata da disposizioni che oltrepassano l’assurdo e talvolta sconfinano nel grottesco.
Dieci brevi episodi da sette minuti ciascuno che costituiscono un coraggioso monito di due cineasti-eroi, impegnati a tener testa a un regime che, come la cronaca tristemente insegna, ha già intrapreso azioni dittatoriali nei confronti di paladini del libero pensiero, come Jafar Panahi e altri grandi personaggi simili.
Nell’ambito del Certain Regard di Cannes 76, Terrestrial Verses appare una delle opere più urgenti, capaci di scuotere l’ottusità e la paralisi di pensiero che l’attuale regime di molti paesi orientali impone alla propria popolazione.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta