Regia di Stéphanie Di Giusto vedi scheda film
Irsutismo, ipertricotia, cerette e similia
‘Donna barbuta’ sempre piaciuta!
Irsutismo, ipertricotia, cerette e similia
Ecco Rosalie, il film di Stéphanie Di Giusto, in uscita il 16 maggio, che fa molto riflettere su femminilità, diversità, canoni estetici e love life.
Dalla pittrice Lavinia Fontana (1552 – 1614) in poi, mai opera di donna fu così celebrata.
Seppur con barba, divenne famosissimo il Ritratto di Antonietta Gonsalvus, (appena presentato a Tefaf 2024), e già record d’asta a un milione 550 mila euro, ben 300 volte in più della base d’asta.
Non smette di stupirci. Piazzato li, il pelo, in mezzo tra carnalità, primitivismo, istinto e animalità.
Il fascino del pelo non ha eguali, da sempre. Sia esso artistico, economico, sessuale o da estetista
Ora anche filmico.
Può sembrare strano ma Lavinia Fontana, indirettamente legata alla favola della Bella e la Bestia, ritrasse alla corte del re di Francia Enrico II.
Nel 1547, al re venne fatto uno strano dono: un ragazzo peloso. Le cronache riportano che aveva circa dieci anni, era molto bello, ma con il volto, dorso e torace ricoperto di peli.
Oggi un medico di base saprebbe riconoscere immediatamente un caso di ipertricosi, malattia che causa crescita di peluria abnorme. All’epoca invece la cosa fece un drammatico scalpore, tanto da divenire subito un’attrazione, anche se considerato un selvaggio. Gli fu poi data una moglie da cui nacquero molti figli, alcuni con la stessa malattia genetica del padre. Altri senza.
Alcuni ritengono che alla storia di Pietro Gonzales, il selvaggio peloso, sia da ricondurre l’origine della fiaba della Bella e la Bestia, che si diffuse in varie versioni tra la fine del ‘500 e gli inizi del ‘600.
Ma cosa c’entra questa storia con Lavinia Fontana?
Ebbene, se conosciamo il volto di Antonietta, una delle figlie di Pietro Gonzales, lo dobbiamo proprio al ritratto che Lavinia Fontana fece della bambina nel periodo in cui si trovava a Bologna.
Il film discende un pò da queste storie, ritratti e vite pelose.
Infatti ROSALIE è ambientato nella Francia rurale del XIX secolo e racconta la toccante storia di una giovane donna che decide di fare del suo segreto e della sua diversità la sua forza, prendendo coscienza della sua unicità e mostrando – dopo anni di occultamento – la sua vera natura, lottando contro i preconcetti e i diktat di un’epoca.
Rosalie – ben interpretata dall’attrice Nadia Tereszkiewicz (Io danzerò, Mon Crime – La colpevole sono io) – è una giovane donna il cui viso e il cui corpo sono interamente ricoperti di peli. Nonostante la sua diversità, rifiuta di diventare un fenomeno da baraccone e tenta di vivere una vita normale, radendosi regolarmente.
Tutto cambia quando sposa Abel, proprietario di un caffè sempre vuoto, interpretato da Benoit Magimel (Il gusto delle cose) indebitato con il ricco proprietario della fabbrica che dà lavoro a tutta la piccola comunità locale. Abel non sa nulla del segreto di Rosalie e la sposa per la sua dote. Tuttavia, Rosalie vuole essere accettata come donna. Decide quindi di non nascondere più la sua diversità, convincendo il marito che potrà attirare molti clienti con il suo curioso aspetto di donna barbuta. Inizialmente tutto va come Rosalie aveva previsto, ma lo stigma sociale è solo momentaneamente sopito…
Ottimi le interpretazioni della barbuta Nadia Tereszkiewicz e suo marito Benoît Magimel
Il film oltre a numerose ricerche e studi, viene ispirato da una donna straordinaria, con la barba: Clémentine Delait. Diventata famosa all’inizio del XX secolo per il suo volto femminile, coperto di peli, essa affascina, è misteriosa. Insomma tutta da esplorare e narrare.
Da fenomeno da fiera, una “freak”. da baraccone, la protagonista riesce ad affermarsi per essere “nella vita”, avere un’esistenza da donna.
I film inventa ed elabora il difficile destino di una giovane donna che si libera, accettando la sua barba. Inoltre parla di desiderio, sentimenti, amore incondizionato. Con una forza doppia, rispetto a un essere normale, di amare e sentire
Rosalie si interroga sull’umanità. E quindi il film è spesso una risposta ai tempi in cui viviamo. Diviene estremamente attuale e contemporaneo.
Anche Abel, rovinato, ferito, dalla guerra, non è più capace di amare. la storia è quindi essenziale, scarna, commovente in molti punti. La fotografia, elegante, piena di natura, ruscelli, alberi, boschi. Grazie a tutta questa bellezza la protagonista trova un minimo di conforto.
Il film parla anche dello sguardo che gli altri gettano su di noi, sempre pronti a giudicare senza capire e tantomeno conoscere. Figuriamoci poi, empatizzare.
Anche in questo, con o senza social, la solfa da secoli, non cambia mai. E l’essere umano rimane sempre vuoto e superficiale
Varcare i preconcetti, farsi amare oltre l’apparire, in devastante epoca Ferragni è, non solo uno dei temi potenti del film, ma anche una sfida epocale.
La forza di questa donna è non porsi mai come vittima! Sa invece trasformare la sua unicità in un punto di non ritorno: l’intelligenza, l’ascolto del prossimo, la sensibilità e grazia.
I peli sono visti come animaleschi, primitivi. Sono legati all’intimo, al nascosto, al sessuale, al mostro domato dentro di noi… Volevo mostrarlo. Si trattava di far emergere la sensualità dei corpi dove meno ce l’aspettiamo, di far emergere qualcosa di inquietante, di uscire dai codici abituali di ciò che vediamo sugli schermi, dei corpi lisci. Mi piaceva filmare questo nuovo erotismo tra delicatezza e animalità, filmare il desiderio in modo diverso. racconta la regista.
Il film auspica alla libertà di essere e creare se stessi, al di la dei linciaggi media e dei gusti altrui.
Con o senza ceretta, per favore impariamo ad andare oltre!
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