Regia di Gérard Krawczyk vedi scheda film
Il “wasabi” è la salsa verde e piccante che si mangia con le porzioni di sushi. Ha un sapore che può togliere il respiro e fare il solletico al cervello. Robert, ispettore di polizia brusco e “tenerone” (prima picchia e poi pensa) lo mangia come se fosse una mousse di pistacchio. È la guarnizione ideale delle sue giornate crude. Il protagonista (un Jean Reno in tono minore) è messo nei guai dalla sua irruenza e il suo capo gli suggerisce di prendersi una pausa, una vacanza. Il cinema vuole che la vita privata di un poliziotto non sia mai risolta e Robert si adegua alle ossidate convenzioni. L’unica donna della sua vita è stata Kiko, una giapponese (il “wasabi” deve essere un elemento culturale e gastronomico acquisito). Si sono lasciati da una ventina d’anni. Ma nessuno dei due ha dimenticato l’altro. Un giorno arriva la telefonata di un notaio dal Giappone perché deve essere presente alla lettura del testamento e scoprirà che il suo amore dagli occhi a mandorla gli ha lasciato una figlia (figurina tra i manga e Banana Yashimoto) e una serie movimentata di problemi finanziari e malavitosi. Il cinema francese non disdegna, ogni tanto, di produrre commedie in cui le frizioni culturali dovrebbero essere incipit di gag visive e verbali messe insieme per raggiungere, più o meno piacevolmente, la durata media di un film.
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