Regia di Rodrigo Moreno vedi scheda film
Il Professore di letteratura in carcere:-
"Ecco intanto vi porto dei primi libri da leggere. Chi ne ha letti di voi e quali, nel caso preferisce?"
-"Io ho letto tutta la Bibbia."
Il Professore:- "Ah o.k. va bene, quello è un romanzo di fantascienza."
Non tutti possono essere Bresson nè basta la citazione de "L'Argent", visto al cinema dai due co-protagonisti per rendere chiaro il saldarsi del tema di questa pellicola argentina con quello sul denaro, che tutto alla fine corrompe e mercifica, a partire dalle acute osservazioni sul luddismo di una vita in un impiego che più arido e contrario alla felicità dell'individuo, realizaazione di un sè elavto e fantasioso può essere, quale quello di stare dietro ad uno sportello bancario da 17 anni, e per altri previsti 25 fino alla pensione.
Istituzione vista in maniera anche scontata, come rappresentazione, questa finanziario-bancaria, di una delle più marce in assoluto, se non la più marcia architrave del nostro sistema capitalistico, poi in una società estremamente liberista camuffata del più bieco falso socialismo di rendita, quindi quasi sempre alla fame, come quella del grande Paese del Cono Sur.
Fatta questa doverosa premessa poichè la pellicola argentina non ha ne può avere la spietata potenza, e il contenuto rigoroso, di un formalismo perfetto, dell'ultimo capolavoro bressoniano, quello che più colpisce e meno è stato forse-ovviamente-notato, è l'interesse che il film suscita nelle sue notazioni sulle donne, alquanto raro nel cinema di oggi.
Nessuna delle quali presenti nel film, e sfido chiunque a dire il contrario, ne esce bene. Nè la donna di Cordoba inconsapevole come sono inconsapoli i due colleghi "complici/amici riluttanti di essersela divisa, innamorata dell'"amore" ma lestissima dopo essersi tolta due sfizi, a scaricare entrambi contemporaneamente, senza reque nè ripensamenti. E il disincanto del protagonista all'avvento di ciò, unitamente in ogni parallela situazione che avviene, fuori e dentro al carcere, tra i due "alter/ego" "Romàn/Moràn".
Con una leggerezza e lievità di tocco anche nelle situazioni più avverse almeno apparentemente, che lo fa avvicinare a certe commedie rohmeriane lavorativo- sentimentali(e a cui riporta il commento musicale di musica da camera, questo sì quasi impalpabile ma anche tedioso, e per me quasi inascoltabile).
Nè tantomeno positiva è la moglie del protagonista. pronta a lasciarlo chiedendo una "pausa di frequentazione" di "un mese, forse un anno, non tre settimane, non so." al marito, soltanto perchè egli ha dovuto assentarsi andando via tre giorni senza previa notizia e non tenendo il cellulare acceso, noi sappiamo perchè, da Cordoba.
Per arrivare alla ultima, terribile Erinni dell'agenzia assicuratrice che deve indagare per dei mesi all'interno del banco per l'avvenuto furto dei 600000$ non ritrovati, alla ricerca di un complice interno, rendendo la vita impossibile in maniera subdola e in barba ad ogni regola sindacale(che in Argentina paiono esistere ancora meno di qui, visto che nel film non vengono mai interpellati), e in particolare ovviamente impossibile al nostro vero protagonista "eroe/anti eroe".
Spalleggiata in questo dal direttore del Banco "che ha dato 55 anni della sua vita a questa banca"(al che ingenuamente il nottolone capo della sicurezza chiederà:- "Mi scusi, ma lei a allora quanti anni ha?"), e forse come sembrerebbe suggerire un voluto scambio di battute fra lui e colleghi fuori dalla banca in una pausa sigaretta, nostalgico del "Procièso di riorganizaciòn nacionàl", visto che "c'erano più libertà una volta" quando non c'erano libertà alcune, ma almeno quella di fumare in ogni ambiente di lavoro o meno, avvolti in una nuvola di fumo.
E' un bel momento di cinema essenziale e in sottrazione, quando la terribile, odiosa ispettrice si deve arrendere e tornare alla sua agenzia assicurativa, senza poter più licenziare nessuno come voleva a cominciare dall'additato sospettato N°1 e nostra nemesi, vinta dalla sua insospettabile forza d'anima e riluttante resilienza, spirito d'iniziativa, sempre del nostro "Ramòn" ormai "Moràn" e viceversa, salutando formalmente tutti i suoi sottoposti angariati per mesi. Compresa una cassiera quindi donna come lei, che pur non c'entrando nulla nella rapina si era rassegnata a vedersi persino arbitrariamente tagliato lo stipendio.
E lui che da ella ne ha subite di ogni tramite anche un suo incaricato schiavo, assistendo alla scena sorride compiaciuto e non visto da dietro il basso separè di uno sportello.
Finale dopo ben 180' fiume di regia volutamente statica e senza quasi carrelli e parsimonia di primi piani, un pò inconcludente e senza un vero perchè a giustificarlo, che nella sua voluta lievità come tutto quello che ostentamente lo precede, risulta invero un pò inconsistente e "nè carne nè pesce", anche se voleva disattendere le attese standard dello spettatore, per una volta pare un pò più mediocre persino dei finali che ci offre la realtà, e non il cinema.
Belle la parti ambientate nello sbrecciato, fatiscente carcere, e la lettura fiume, inarrestabile, coinvolgente tutti persino le guardie all'ascolto, del non a caso scelto "Il Deserto dei Tartari" buzzatiano ma argentino, ovvero il poema "fiume" "La Obsesion del Espacio" di Ricardo Zelaryan, il Joyce e T. S. Eliot argentino.
Ted_Bundy1979
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