Regia di Giorgio Serafini vedi scheda film
Se per fare un film bastassero le buone intenzioni, “Texas ‘46” sarebbe un capolavoro. Perché dietro una elaborata sceneggiatura (del regista Giorgio Serafini e di Alessandro Verdecchi) sta un accurato lavoro di ricerca su una pagina sconosciuta della nostra storia: la prigionia di migliaia di soldati italiani rinchiusi nonostante l’armistizio in campi di concentramento americani. In quello di Hereford, Texas, rimangono accidentalmente solo un ufficiale italiano (Zingaretti) e il comandante delle guardie (Roy Scheider), sulla carta nemici ma nella realtà (gradualmente) complici di fronte all’idiozia tutta umana delle guerre. Bello lo spunto storico-narrativo, dunque, ma stucchevole la messa in scena. Tra echi del peggior Tornatore (la generale oleografia e una scena di incontro amoroso al ralenti che fa gelare il sangue) e trovate alla Renzo Martinelli (il flashback di una fuga notturna finita nel sangue, con tanto di prigioniero che canta “Va pensiero”!), “Texas ‘46” finisce nel calderone del nostro cinemino confuso e infelice. Facce e tempi da fiction Tv avrebbero dovuto consigliare agli autori una collocazione diversa, magari dopo il tiggì.
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