Regia di Wim Wenders vedi scheda film
Ooohh! (di stupore e meraviglia..) il magico paese del sol levante.. scommetto che per molti occidentali mangiatori di sushi lo è anche senza mai esserci vissuti. Wim Wenders in questo film sbaglia e nasconde ogni risposta in un unico e inutile ermetico concetto. Impone allo spettatore gli insegnamenti di tale filosofia "zen", la sua, come modello da cui trarne il giusto equilibrio mentale? Niente di più sbagliato, lo fa per buona parte del film perchè il finale, quel primo piano del volto del protagonista resta separato, opposto e completamente contraddittorio. Perfect Days è, volontariamente, un evidente "spottone promozionale" debitore di un certo cinema giapponese, quello di Ozu, tanto caro al regista tedesco ma il senso di tutto ciò qual'è? Già dall'idea di partenza si può notare tutta l'incertezza del regista. Il film in principio doveva essere solo un documentario su delle nuove e tecnologiche toilettes di Tokyo. Wenders cambia idea e ci propina questo polpettone.
Tokyo: Hirayama (Koji Yakusho) si guadagna da vivere lavorando come adetto delle pulizie di questi avveniristici bagni sparsi nella grande capitale. Della sua vita passata sappiamo ben poco, Hirayama contrariamente a quanto si potrebbe dedurre appartiene alla classe sociale della borghesia ed è separato dalla moglie.. Il film ci racconta della sua vita fatta di quotidiana routine lavorativa e degli hobby: la musica ascoltata rigorosamente su cassette magnetiche, fotografia analogica, lettura di romanzi, piantine da annaffiare ogni mattina. Una vita così semplice noiosa e ripetitiva non priva però di qualche episodio discostante, ma niente di più rilevante. Ovviamente per un'occidentale certi strampalati individui buttati lì in modo causale, possono incuriosire e indurre allo stupore, ma non troppo visto la natura del personaggio.. Come quando l'amico del collega di lavoro di Hirayama, Takashi (Tokio Emoto), si emoziona ad accarezzare le orecchie del giovane operaio. Oppure il barbone del parco o Aya (Aoi Yamada), l'imbronciata ragazza tanto desiderata da Takashi, che non nasconde simpatia evidente per l'introverso uomo di mezz'età. Nulla di particolarmente sconvolgente sembra ostacolare l'ordine degli eventi nella vita del protagonista, neanche i sogni tormento Hirayama che rimane ad osservare come testimone oculare senza porsi delle domande. Quando un bel giorno la nipote Niko (Arisa Nakano) gli si presenta davanti alla porta perchè scappata di casa, lui fa le spallucce, va bene così.. l'uomo senza battere ciglio mostra tutta la sua ospitalità.. L'unico episodio dove sfodera un po' d'ira controllata, lo si può notare quando Takashi si licenzia senza avvisarlo e si trova costretto a coprire anche il suo turno (un comportamento del tutto umano giusto?). Per tutto il film ho avuto l'impressione che Wenders volesse puntare l'indice accusatorio verso lo spettatore occidentale: osserva, quello è il modo giusto, affrontare gli eventi della vita senza porsi alcune domande. Noi abbiamo sbagliato.. Poi però, giunti alla "sospesa" inquadratura finale, prima dei titoli di coda, il messaggio che racchiude il tutto esplode. I giorni perfetti di Hirayama sono tinti da una tonalità tendende al marrone. E io ovviamente mi sono chiesto. Perchè?
3-4/10
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