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Perfect Days

Regia di Wim Wenders vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Perfect Days

di darkglobe
7 stelle

Un film che riesce a cogliere la profondità di una vita apparentemente banale

Perfect Days segna il ritorno al cinema di Wim Wenders dopo quasi 5 anni. Non so se anche in questo caso valga la regola secondo la quale il tempo tenda ad affievolire la creatività dei grandi artisti e di sicuro questo lavoro, la cui sceneggiatura è stata scritta a 4 mani con Takuma Takasaki, qualche dubbio lo pone, anche se la sensazione è che Wenders, abbandonando alcune derive degli ultimi anni, abbia avuto un vero e proprio sussulto.

Koji Yakusho

Perfect Days (2023): Koji Yakusho


Di quest’opera colpiscono fin da subito due scelte abbastanza integraliste. La prima è tecnica e si riferisce al ricorso ad un obsoleto 4/3, forse una scelta necessaria per rendere appieno l’idea dell’ambientazione claustrofobica (la abitazione scarna ed essenziale, il furgoncino zeppo di attrezzi da lavoro, gli enormi palazzi in fila, anonimi e prospicienti quasi a soffocarsi, in stile Unité d'Habitation) in cui agisce il protagonista Hirama (Koji Yakusho, Palma a Cannes per questo film). Questa sorta di "diario intimo" viene realizzato tramite l’osservazione della ripetitività quotidiana, pur con alcune impercettibili interferenze, della vita del protagonista, uomo di mezza età silenzioso e discreto ma dal passato oscuro, che si occupa delle pulizie di alcuni bagni pubblici di Tokyo. Si segue, per farlo, un archetipo narrativo ciclico, questa appunto la seconda scelta, che pare rimandare con la mente alla poetica di Party ‘Round the Globe di Watanabe, opera nella quale, pur se con registri assolutamente differenti, si propongono analoghe tematiche sulla ciclicità della vita e sulla solitudine umana.

Koji Yakusho

Perfect Days (2023): Koji Yakusho


Tutto si svolge nella Tokyo del nuovo millennio, ma il protagonista appare sospeso nel tempo e lo si capisce dopo aver assistito ai primi rituali del suo risveglio mattutino (sistemazione di lenzuola e materassino, igiene intima precisa ed essenziale in un sottoscala, nebulizzazione di acqua sulle piantine, sguardo al cielo appena aperta la porta, acquisto di un caffè freddo al distributore fuori casa) quando, salito sul proprio furgoncino per avviarsi al lavoro, inserisce nella vecchia autoradio una musicassetta con The house of the rising sun degli Animals. Le altre cassette, con le musiche di Kinks (Sunny afternoon), Van Morrison (Brown eyed girl), Otis Redding (Sittin'on the dock of the bay), Lou Reed (ovviamente Perfect Day) e tanti altri artisti d’epoca, preservano Hirama nel suo mondo etereo, nel quale cala la propria attività lavorativa giornaliera fatta di operosa pulizia dei bagni pubblici, talmente puntigliosa da richiedere l’uso di uno specchietto per controllare la sporcizia anche nelle parti più recondite dei water. E questo "rituale" quotidiano viene interrotto solo dal collega Takashi (Tokio Emoto), giovane squattrinato un po' esagitato che misura qualsiasi comportamento altrui o probabilità di successo con la sua amata Aya (Aoi Yamada in emersione da varie serie TV) su una scala da 1 a 10; da un bacio della stessa Aya a cui Hirama ha “prestato” di nascosto una delle sue preziose cassette di Patty Smith essendo la ragazza stata folgorata dall'ascolto di Redondo Beach; da una partita a Tris con un misconosciuto avversario, in cerca di contatto umano, che lascia le proprie contromosse su un foglio piegato nel retro di un bagno; da un bambino che invoca disperato la madre dall’interno di un bagno; dal pranzo con panino nel parco dove il protagonista è solito salutare una scontrosa ragazza e fotografare le foglie di un albero in controluce con una macchinetta rigorosamente analogica.
Quelle medesime foglie rappresentano una presenza nei propri sogni confusi che mescolano, ogni notte, fatti del passato e suggestioni offerte dalla giornata lavorativa. Il contrasto con la personalità quasi vintage del protagonista diventa più evidente proprio quando lo stesso si occupa della pulizia di alcuni bagni ipertecnologici di Shibuya, tra un cliente e l’altro in crisi di incontinenza, spiegando ad una turista dubbiosa che i vetri trasparenti delle cabine, vere e proprie soluzioni di design architettonico, si offuscano quando si chiude la porta con la apposita maniglia.

Koji Yakusho

Perfect Days (2023): Koji Yakusho


Il rituale di Hirama si conclude inesorabilmente ogni giorno nel proprio quartiere, attraversato in bici, ovvero nella vasca pubblica rigenerante e nella lavanderia fai da te (perché nella propria abitazione mancano entrambi i servizi), o presso il ristorante di Mama (Sayuri Ishikawa), donna separata che manifesta un chiaro interesse (ricambiato) per l’uomo, il quale si reca al locale per una frugale ma rilassante cena, incontrando altri uomini solitari che chiedono a Mama di intonare una versione giapponese della canzone degli Animals. O ancora presso la libreria della commessa saccente e invadente che spaccia per pochi spiccioli i racconti della "sottovalutata" Aya Koda e di Patricia Highsmith. Già, perché Hirama è anche un accanito lettore e il primo testo su cui la mdp butta lo sguardo è di William Faulkner, che, il primo giorno della nostra osservazione da spettatori, lo accompagna al sonno. Quanto alle foto, sviluppate periodicamente, quelle che presentano la giusta e ricercata condizione di (contro)luce verranno archiviate in scatole metalliche, le altre strappate e buttate via.
Giorni perfetti
dunque, fatti di semplicità delle scelte che è vera e propria semplificazione della propria vita; di abitudini all'apparenza sempre uguali; di momenti da vivere appieno qui e adesso perché domani saranno altro; di mutismo ed incommensurabile calma a supporto della osservazione del cielo e del paesaggio cittadino che conduce ai luoghi del lavoro; di spazi personali essenziali ma vitali dedicati al proprio benessere mentale, sostenuto dalla lettura quale piacere della conoscenza, e al proprio benessere fisico, dunque i giri in bici e le immersioni in vasca; di rapporto infine con la natura in una maniera che oscilla tra spirito da botanico con cui si curano le piantine di casa e piacere della contemplazione.

L’unico vero sommovimento nella vita di Hirama è rappresentato dall’arrivo di Niko (Arisa Nakano), nipote ribelle scappata di casa, decisa a passare alcuni giorni con lo zio; incontro che, quando dopo qualche giorno avverrà il recupero materno, aiuterà a farci intuire la possibile passata agiatezza del protagonista, che pare non aver perso un briciolo di dignità nonostante il tipo di lavoro, e un rapporto familiare ormai incrinato.

Koji Yakusho, Arisa Nakano

Perfect Days (2023): Koji Yakusho, Arisa Nakano


D’istinto si potrebbe pensare che la raffigurazione di una vita così umile ed essenziale possa rappresentare un atto di condanna sociale alla Ken Loach, quando si descrive, anche ricorrendo al succitato strumento filmico della ripetitività, via via più essenzializzata, una condizione lavorativa non certo invidiabile, che in alcuni momenti suscita nello spettatore quasi un moto di repulsione. In realtà, a ben vedere, il film è una sorta di summa della concezione artistica del regista e del suo "atto di vedere", inteso come percezione del reale al quale la percezione stessa risulti il più possibile prossima, in contrasto con la forma espressiva dettata dalla parola, ovvero dal pensiero che è essenzialmente interpretazione e dunque potenziale allontanamento da quel reale. Non a caso in questo film i dialoghi appaiono ridotti all’osso, tra il mutismo del protagonista e qualche breve sbandamento dialettico dei suoi comprimari, deturpato oltretutto anche da un terribile doppiaggio in stile manga. E dunque il famoso “atto morale” della carrellata in questo caso non è certo nella denuncia di una condizione umana per certi versi discutibile, nonostante il protagonista riesca a trovare al suo interno un proprio equilibrio e benessere, ma nella capacità di fissare e conservare un senso nelle immagini, rispettando fedelmente quello della ripresa e il significato veicolato dalle stesse. Il risultato di questa operazione è la capacità di riuscire a cogliere nell’apparante banalità di una vita semplice, umile e routinaria, la profondità dell’uomo che ne è protagonista, disarmando le barriere della finzione filmica.

 

Koji Yakusho, noto per le sue significative prove nei film di Kiyoshi Kurosawa, Shohei Imamura e Hirokazu Kore'eda, è qui obiettivamente un gigante perché riesce a reggere sulle proprie spalle la necessaria ed estenuante continuità delle inquadrature, raffigurando la innata cortesia del protagonista, evitando però di scadere nella banalità a cui pure certi brevi dialoghi vorrebbero costringerlo, fino all'epilogo particolarmente commovente che, nella efficace espressività dell'attore durante l'ascolto di Feeling good di Nina Simone, disegna il rapporto tra l’uomo solo e i suoi miti musicali.
Bella e a tratti quasi impressionante, quando riprende le architetture cittadine, la fotografia del direttore Franz Lustig, esordiente nei lungometraggi con La terra dell'abbondanza e vincitore del riconoscimento per la miglior fotografia, all'European Film Awards, sempre con Wenders, per Don't come knocking.

scena

Perfect Days (2023): scena


Perfect Days
per quanto descritto ha un incedere così lento che in sala ho visto crollare qualche anziana spettatrice affastellatasi a presenziare il primo giorno di uscita del film. Difficile poter dire se questo lavoro segni un ritorno agli splendori delle più note opere di Wenders ma è sintomatico che il Giappone abbia proposto Perfect Days per essere rappresentato agli Oscar nella categoria di miglior film straniero, probabilmente perché questo lavoro tocca le corde giuste nella espressione dei concetti di rispetto del bene comune, dedizione e gentilezza propri della società nipponica, raffigurando con straordinaria verità una piccola fetta di modi ed usi propri del paese, inclusa l'attitudine alla contemplazione del bello che si nasconde tra la normalità delle nostre frenetiche vite.

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