Regia di Aki Kaurismäki vedi scheda film
Il titolo originale dell'ultimo Kaurismaki si può tradurre con "Foglie morte", non "Foglie al vento", e forse la differenza non è così lieve. Per quanto sia solo il secondo film del regista che vedo, colpisce la fedeltà ad uno stile laconico e scarno che già caratterizzava "L'uomo senza passato" e che tra i suoi numi tutelari ha sicuramente alcuni registi della Nouvelle vague: qui cita in particolare Godard, Bresson e il David Lean di "Breve incontro".
Si tratta soprattutto di una storia d'amore, un melodramma che probabilmente guarda anche a Sirk, ma riletto secondo una personalissima stilizzazione che lo prosciuga di tutta l'enfasi, di tutti i sovratoni, lasciando una trama minimale fatta di sequenze che sembrano appena accennate, e che alla fine producono una pellicola comunque ricca di risonanze emotive e poetiche. Ansa e Holappa sono due dropout chapliniani (la citazione finale di "Tempi moderni" è assolutamente palese) che si trascinano in una Helsinki fantasmatica, dove alla radio passano senza sosta notizie della guerra russo/ucraina e sul lavoro domina la sopraffazione e l'ingiustizia. Il film alterna momenti un po' surreali e stranianti con altri più gravi e malinconici, strappando a tratti anche risate con un umorismo sempre sul filo del paradosso. Kaurismaki sa bilanciare essenzialità e concisione con una costruzione dell'inquadratura spesso ricercata e una fotografia dalle tinte sature che in certe sequenze può ricordare anche Almodovar, per quanto l'universo poetico dello spagnolo sia distante. Si tratta di un cinema non proprio per tutti i gusti, che inevitabilmente si rivolge a una nicchia che sappia apprezzare un'opera così rarefatta e diversa dalla media del cinema commerciale. Kaurismaki conquista con personaggi che hanno una loro precisa verità poetica e che funzionano anche grazie alle maschere così "nude" (non me ne voglia Pirandello) di Alma Posti e Jussi Vatanen, attori a me del tutto sconosciuti, ma perfettamente funzionali alla visione registica di Aki. Un invito anche a riconsiderare la figura del cineasta finlandese che ormai ha una carriera di circa quaranta anni alle spalle, che in Italia non ha mai veramente sfondato al di fuori di una ristretta cerchia di cinefili "hardcore", ma sempre in grado di offrire delle chicche che risultano più vitali e più appassionanti di quasi tutta la produzione cinematografica odierna.
Voto 9/10
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