FESTIVAL DI CANNES 76 - CONCORSO - PREMIO DELLA GIURIA
"Oh, je voudais tant que tu te souviennes
Des jours heureux où nous étions amis
En ce temps-là la vie était plus belle
Et le soleil plus brûlant qu'aujourd'hui.
Les feuilles mortes se ramassent à la pelle"
Come nella celebre canzone omonima cantata da Yves Mondand e scritta da Jacques Prévert e Joseph Kosma, l'amore ed il sentimento finiscono per rivelarsi gli aspetti più potenti ed autentici che legano due persone che si scoprono compatibili e coltivano la piacevolezza dello stare assieme assaporando la semplicità dei momenti vissuti anche nel semplice e complice silenzio.
La solitudine avvicina due esistenze umili di Ansa e Holappa, entrambi costretti ad una vita di precarietà e di stenti, peraltro ostacolati nel raggiungimento del minimo stadi odi sostentamento da una latente sfortuna che li perseguita e segue come un'ombra.
Si incontrano per caso durante una serata di karaoke in un modesto pub, che frequentano ognuno con il proprio amico o amica del cuore, ed iniziano timidamente a relazionarsi uno con l'altro.
Il loro successivi incontri sono funestati da sfortune e contrattempi di una sorte tiranna che gioca loro contro e fa di tutto per ostacolare quella fatidica serata di incontro ufficiale.
Ma il destino a volte può virare in direzioni diverse e lasciare un po' in pace i due teneri fidanzatini che paiono usciti da una tavola d Peynet.
Aki Kaurismaki, alla quinta volta in Concorso al Festival di Cannes, realizza il suo nuovo gioiello di tenerezza e poesia, ove il minimalismo ironico e ovattato rivela nuovamente una forma ed una sostanza perfette per ribadire tutta la scuola di pensiero che continua a caratterizzare e a rendere vitale il cinema del grande cineasta.
Uno stile che si trasformerebbe quasi con chiunque altro cineasta in manierismo ripetitivo, ma che invece attraverso la visione attutita e bohémien del grande finlandese, si conferma come un epicentro di poesia e lo specchio ideale di un mondo semplice e fuori da ogni logica caotica e stressante tipica della attuale quotidianità, in grado finalmente di riportarci alla genuinità del singolo gesto, e al rifiuto delle tendenze consumistiche dilaganti.
Una cena povera ma preparata col cuore, un tavolino imbandito dello stretto necessario che si affaccia su una finestra sbrecciata, ma proprio per questo suggestiva come nessun'altra potrebbe concorrergli, sono solo alcuni dettagli di un film che scalda il cuore senza mai sconfinare in trabocchetti retorici o nello schematismo più spiccio.
E ancora un mazzetto di fiori semplici alla soglia dell'appassimento posti al centro della tavola mestamente imbandita, un cagnetto di strada vecchio ed umile che si intona alla perfezione all'animo della sua nuova padrona.
La grandezza di Kaurismaki sta proprio in questa capacità di trasformare la semplicità in magia, che si traduce nell'indurre lo spettatore ad un sentimento misto tra commozione e divertimento assieme, senza che lo stesso possa mai vergognarsi di provare assieme tutta questa splendida commistione e spesso antitesi di sensazioni.
Fallen Leaves si rivela, a giudizio personale di chi scrive, come il film più potente di tutto il Concorso a Cannes, e quello che più di tutti avrebbe meritato l'ambita Palma d'Oro, sia come opera singola, sia come inevitabile coronamento di una lunga carriera piena di piccoli inestimabili gioielli cinefili che scandiscono la carriera di questo straordinario cineasta che è Aki Kaurismaki.
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