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La zona d'interesse

Regia di Jonathan Glazer vedi scheda film

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La recensione su La zona d'interesse

di Mulligan71
7 stelle

La "Shoah" è ormai "genere cinematografico" a parte, viste le innumerevoli pellicole che ce l'hanno raccontata. Chiaramente lo spettro della qualità dei film in proposito, varia molto, dal capolavoro, per me definitivo, di Spielberg a cosacce strappalacrime e zuppe di retorica. Mancava, forse, un film "banale" come questo, una visione esterna e raggelante su ciò che è stato. Glazer non mostra niente dall'interno di Auschwitz, se non il fumo dei camini, il rumore "di fondo", i tristi muri grigi e lo sbuffare dell'incedere dei famosi treni della morte. Ci fa sentire la puzza, la colpa, ci fa respirare le ceneri dei morti. In tutto questo, l'oasi felice del direttore del campo, Rudolph Hoss, (poi impiccato proprio a Auschwitz), è l'aberrazione di una società e di un mondo, che drammaticamente è ancora il nostro. Una vita fasulla, un idilio familiare fra fiori che sbocciano, placidi fiumi e atmosfere bucoliche, e lui che timbra il cartellino ogni mattina, come qualunque impiegato statale. Sullo sfondo, appunto, Auschwitz, con tutta la sua forza, mai in primo piano. Una famiglia, quella di Hoss, del tutto colpevole, dai gesti alle parole, agli sfarzi. Un gelido trattato di antopologia umana, dove nell'orrore c'è spazio anche per i sentimenti, per l'amore, per le piccole delusioni quotidiane. La banalità del male, la banalità di un mondo tragico. Un film di netta condanna dell'umanità tutta, un film moderno che parla al nostro tempo usandone uno, forse, scomparso. 

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