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La zona d'interesse

Regia di Jonathan Glazer vedi scheda film

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La recensione su La zona d'interesse

di mm40
3 stelle

Rudolf Hoess è un gerarca nazista che lavora dentro al campo di concentramento di Auschwitz; con la famiglia vive in una bella casa proprio accanto al lager, conducendo una vita praticamente idilliaca. Quando viene mandato a lavorare vicino a Berlino, Rudolph lascia moglie e figli nell'appartamento, con grave disperazione sia per loro che per l'uomo. Fortunatamente il gerarca qualche mese più tardi potrà fare ritorno a casa dai suoi, dopo essersi occupato della deportazione di 700mila ebrei.


Come è noto, parlare di questo film senza citare esplicitamente Hannah Arendt – o fare per lo meno un rapido accenno alla banalità del male – non è possibile, per cui ci siamo già tolti il pensiero con questa prima frase. Venendo poi a La zona d'interesse, qualcuno potrebbe suggerire che si tratti di un'opera di notevole impegno, che sostiene la memoria delle atrocità tedesche avvenute durante la seconda guerra mondiale, che perpetua il ricordo dei martiri dell'olocausto; e va benissimo, anche questo è innegabile. Ma i meriti della pellicola, bisogna essere onesti, sono molto molto inferiori a quelli propagandati: La zona d'interesse non sarà una cagata pazzesca, ma è un lavoro decisamente noioso, fragile da qualsiasi punto di vista lo si voglia osservare, che dice una cosa sola – importantissima, ma già nota, già vista in mille altri film – e lo fa pure senza tanto charme, quasi svogliatamente. Il film di Jonathan Glazer (anche sceneggiatore, dal romanzo omonimo di Martin Amis) è esasperante nelle sue metodiche carrellate a seguire gli spostamenti del protagonista, non esattamente accattivante nelle scelte di una narrazione costantemente in levare, che mette in difficoltà il pubblico che cerca un senso a ciò che sta vedendo, e in fin dei conti anche privo di quella tensione che la vicinanza del mostro (il campo di concentramento, il nazismo, l'inconcepibile disumanità dell'olocausto) presupporrebbe, a prescindere dai fatti raccontati o, meglio, non raccontati. A dirla tutta, infine, il rumore in sottofondo dei forni di Auschwitz perennemente in azione lungo quasi l'intero arco della pellicola finisce per conciliare il sonno: e questa è la cosa peggiore che si potrebbe augurare a un'opera con tali ambizioni. Naturalmente, siccome parla di uno di quegli argomenti che piacciono da matti agli americani, il film ha vinto l'Oscar come miglior film mondiale. 3/10.

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