Regia di Jonathan Glazer vedi scheda film
Purtroppo (o per fortuna?) l'operazione cinematografica riesce così bene che alcuni spettatori non si angosciano affatto! Come se anche noi spettatori, al pari del comandante Höss e della sua famiglia, fossimo protagonisti e comparse della banalità del male. Voto: 7-
Ogni volta che sento la definizione "capolavoro", entro in sala alquanto sospettoso. In questo caso, il progetto artistico de "La zona d'interesse" è chiaro fin dai titoli di testa: utilizzare ogni strumento della settima arte per mettere in scena la banalità del male, senza equivoci e senza orpelli. La scommessa è vinta. Regia, fotografia, recitazione, dialoghi, scenografie, progetto sonoro, concorrono tutti alla buona riuscita dell'opera: angosciare, senza mostrare nulla. Ho particolarmente apprezzato la sceneggiatura attenta a evitare ogni stilema caricaturale delle SS. Avrete notato che sadismo, saluto romano e "Heil Hitler" sono i grandi assenti della narrazione, il che, paradossalmente, li rende ancora più presenti e aumenta il loro peso specifico.
Purtroppo (o per fortuna?) l'operazione cinematografica riesce così bene che alcuni spettatori non si angosciano affatto! E anche io, a onor del vero, pur apprezzando le qualità dell'opera (che sono innegabili), nell'ultima mezz'ora ho sbirciato spesso l'orologio. Come se anche noi spettatori, al pari del comandante Höss e della sua famiglia, fossimo protagonisti e comparse della banalità del male.
Voto: 7-
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