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La zona d'interesse

Regia di Jonathan Glazer vedi scheda film

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La recensione su La zona d'interesse

di unicorno22
8 stelle

La banalità del male

La shoah è un argomento ultra-documentato in tutte le varie forme artistiche esistenti. Il cinema ha regalato allo spettatore oltre trenta film sull'argomento e alcuni di essi hanno segnato il genere, se di genere si può parlare, facendoci credere che oltre non si potesse andare. Con "Schindler's list" in molti avevano pensato di aver visto IL film per eccellenza sulla questione ebraica, la vetta massima, invalicabile che aveva scansionato l'argomento da tutte le angolazioni possibili (anche se il sottoscritto ha sempre preferito Il Pianista del signor Polanski). Poi è arrivato Lazslo Nemes che aveva aggiunto un punto di vista interessante, sconvolgente nella sua freddezza. 

 

Sembrava non esserci più spazio per una rappresentazione visiva ancora efficace dell'Olocausto sul grande schermo, fino al festival di Cannes di quest'anno, dove Johnatan Glazer con The Zone of Interest è riuscito a tirare fuori dal mazzo una carta vincente e ad aggiungere una sua visione personale e del tutto innovativa sul tema.

 

Auschwitz è lo sfondo della scenografia, è presente, sempre, ma non ci entriamo mai. Quello di Glazer è un film di sottrazione visiva e immersione sonora nei suoni onomatopeici del campo di sterminio, anche quelli esterni, ma decisamente invadenti. Intorno al campo c'è una vita bucolica, perfettamente tedesca e così meravigliosamente ariana. Auschwitz è una fabbrica come tante altre, il suo ritmo "produttivo" lo percepiamo, lo ascoltiamo distanti, ma non troppo, mentre tutto scorre in perfetta armonia. La fredda e rigorosa messa in scena ci lascia impietriti, attoniti difronte ad una famiglia che vive a fianco ad uno dei più grandi orrori del novecento senza percepire un sentimento, un brivido. L'unico sussulto di disperazione lo abbiamo al contrario, quando il comandante del campo Rudolph Höss viene sollevato dal suo ruolo di comandante del campo di concentramento per essere destinato ad un nuovo incarico. La moglie piange e si dispera perchè in quello spicchio di terra avevano trovato finalmente il loro benessere che adesso devono abbandonare.

 

La mano registica di Glazer è minimale, ma efficace nella rappresentazione, coglie i dettagli sullo sfondo riuscendoli a portare emotivamente in primo piano. Pur muovendosi in uno spazio stretto e con poco respiro è in grado di regalarci addirittura uno dei piani sequenza più glaciali della storia del cinema. Le ceneri, il treno che porta i deportati, i latrati dei cani che abbaiano, gli spari, li ritroviamo tutti i punti cardinali e gli elementi caratteristici di questo universo, ma mai mostrati "davanti". Eppure, pur essendo sempre dietro le quinte, l'orrore ci pentera dentro l'anima.

 

The Zone of Interest raffigura la banalità del male e ci mette cinematograficamente difronte a qualcosa di mai visto prima.

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