Regia di Ivano De Matteo vedi scheda film
31 maggio 2001. Roma. Giorno della finale della coppa dei campioni. L’ultimo stadio è da intendere come campo di calcio, l’Olimpico, e come fase, tappa, scalino, superati i quali, c’è la stessa desolazione quotidiana nella quale l’attore e regista, alla sua opera prima, Ivano De Matteo, incrocia i suoi perplessi, annoiati, scettici, scoordinati, esagerati, concitati, alcuni odiosi e antipatici, personaggi. Sono 41, divisi in cinque gruppi, (come in un film di Altman e Paul Thomas Anderson in versione umile e residuale) e stanno tutti male, per un motivo o per l’altro. Non formano squadre e tanto meno team affiatati. Il loro malessere, arrogante, stravolto, grottesco, antinaturalistico, inverosimile, non impietosisce né provoca simpatia. Ognuno ha i suoi conati e i suoi impicci. Né commedia all’italiana, né postrealismo, né minimalismo stralunato. Il film potrebbe essere un “fumetto”, un graffito murale, una telecronaca dagli spogliatoi, fuori dagli spalti, da un triste tinello o da un bar, poco invitante, in piazza. Appunti, trasandati, presi al volo e a matita, su un’umanità abbastanza brutta, sporca (o appena lavata e deodorata) e cattiva.
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