Regia di Paul Greengrass vedi scheda film
E' sempre molto difficile recensire un film come "Bloody Sunday", che parte da nobilissime intenzioni e cerca di riportare alla luce (o di raccontare a chi non ne sa ancora nulla) un momento tragico della recente storia europea. E' difficile soprattutto parlarne male, perché si rischia di essere fraintesi e ci si attira malevolenze mai gradite. Eppure tocca farlo. Il film di Greengrass adotta uno stile da finto reportage che è assolutamente banale (fotografia sgranata, macchina a mano, zoom improvvisi, sfocature), e mette insieme gli accadimenti in maniera meccanica, così che ad un'azione ne sussegue un'altra in una giustapposizione ripetitiva e sciaguratamente asettica. In questo modo non scatta la partecipazione emotiva dello spettatore, la rabbia fa fatica ad emergere e l'indignazione dobbiamo andarcela a cercare con il lanternino, anche perché gli inglesi sono rappresentati in maniera talmente schematica e negativa (alla vista di un ragazzo irlandese morto, un soldato inglese, dando di gomito ad un altro, esclama: "meglio, uno di meno"), da non assumere neppure la dignità del nemico che vale la pena odiare, tanto sono talmente bestiali, talmente privi di motivazioni che, paradossalmente, non si riesce neppure a detestarli con la forza che invece meriterebbero. Si rimpiange allora la mancata scelta di altri approcci strettamente cinematografici (per esempio il mix di finzione e documentario usato da Rosi per "Salvatore Giuliano", o la forza narrativa de "La battaglia di Algeri" di Pontecorvo, o ancora la capacità affabulatrice messa in campo da Spielberg per "Schindler's list"), quindi ci si stupisce per l'assegnazione dell'Orso d'oro conquistato dal film e, infine, si aspetta con ansia la distribuzione in Italia del film che ha condiviso il primo premio a Berlino con questo "Bloody Sunday", vale a dire "Spirited Away", l'ultimo lungometraggio d'animazione del geniale Hayao Miyazaki, già autore dello splendido "Mononoke". Dalla Francia se ne parla come di un fantastico trip.
Il 30 gennaio 1972 a Derry, in Irlanda del Nord, diecimila manifestanti sfilano in difesa dei diritti civili. La manifestazione viene vietata dalle autorità inglesi e a presidiare i dintorni della cittadina ci sono ben tremila soldati, molti dei quali parà. Improvvisamente l'esercito, senza alcun motivo apparente, prende a far fuoco sulla folla indifesa, lasciando sul campo 27 civili, 13 dei quali morti in seguito a ferite da armi da fuoco. L'organizzatore della marcia, Ivan Cooper, ha buon gioco a ipotizzare una drammatica recrudescenza della lotta armata e un lungo periodo di grande potere politico e sociale per l'Irish Republican Army (IRA).
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