Regia di Kari Skogland vedi scheda film
Buon ritmo in crescendo, vicenda che appassiona e intriga, lasciando il fiato abbastanza in sospeso. Da vedere per la conturbante Linda Fiorentino e magari, per poterlo poi confrontare con il gemello contemporaneo, “In linea con l’assassino”. Voto 7+
Credevo di poter affermare con certezza che da questo titolo fosse stato tratto il remake, “In linea con l’assassino”; scopro invece solo ora che le due produzioni son contemporanee, ma a mio avviso, un ombroso e fascinoso quanto vi pare Colin Farrel chiuso in una cabina telefonica, non può competere con la maliarda, conturbante Linda Fiorentino incatenata per la caviglia ad un carretto dei panini!
Da tanto mi stuzzicava l’idea di discuter questo film che, rarissimo al passaggio tv, è rispuntato l’altra sera su un canale regionale – “telecity 7Gold”.
E la cosa mi ha un po’ rattristato.
Ho sempre nutrito una certa stima artistica nonché emozionale, per l’affascinate, naturalmente sensuale, naturalmente erotica... Linda... quale, su un paio di enciclopedie della materia cinema, veniva annoverata come “la più iconica femme fatalle degli ultimi trent’anni".
E infatti, quasi tutti i suoi ruoli, salvo rarissime eccezioni, richiedevano questo suo aspetto, queste peculiarità.
Certo, eravamo ormai alla metà dei 2000... ma non ho visto più nessuna come lei, tantomeno ai tempi, tanto particolare quanto fu in grado d’esserlo Lei, davvero unica.
E non fu tanto per l’etichetta che la critica buona, quella di Venezia per intenderci, le affibbiò quando il suo lavoro forse più iconico e noto sbarcò nel capoluogo del Veneto – e del cinema: “Jade”, un thriller magistrale, opera del grande e indimenticato William Friedkin... no, non fu tanto per merito del famoso cineasta che Linda raggiunse una certa fama a suo tempo, anzi, semmai, fu Friedkin che ebbe la fortuna di ritrovarsi davanti l’attrice ormai matura (in tutti i sensi) e la genuinità di quella sua essenza così sensuale, quasi erotica, e ad indovinare la scelta: la “diva mancata” aveva già dimostrato in altri precedenti ruoli: “Crazy for you” accanto all’ottimo Matthew Modine e, ancora giovanissima spia in “Gotcha-toccato” dove impartiva lezioni d’amore ad un imberbe e non ancora “Goose” – “Antony Edwards”, fino alla svolta della carriera, quando fu lanciata nientemeno che da l’immenso Martin Scorsese in quel suo inimitabile cult, “Fuori orario”.
Non credo servissero raccomandazioni particolari: la Fiorentino era capace di esprimer questa sua innata sensualità attraverso un particolarissimo dondolio del capo, uno sguardo di traverso, un mezzo sorriso che nasce sardonico...e in un attimo diviene erotico; peculiarità che le fu riconosciuta da tutti “gli addetti ai lavori”, e, se coniugo al passato, è solo perché anni fa orsono, appresi, con rammarico, che la bella Linda s’era ritirata dalle scene per passare alla produzione: l’ultimo film visionato fu l’ottima commedia in cui si litiga la scena con il grande Paul (no! Non Walker, e nemmeno Rudd, ma Newman!).
Ma non è per disquisire di questi altri che siamo qui.
Ebbene, questo suo fascino genuino e fatale, lo ritroviamo integro anche in questo forse sì modesto, ma onesto, intrigante e ben architettato “Liberty Stand Still”, dov’è ritenuta il capro espiatorio dell’intera vicenda e tenuta al guinzaglio da un insolito Wesley Snipes, così stranamente statico nel ruolo di “angelo vendicatore” che, di lassù appostato, tutti osserva, tutti giudica, e infine giustizia. S’intende dire che Snipes è considerato attore d’azione, fisico e marziale, ma qualche film di rilevanza artistica li ha messi a segno pure lui, grazie ad un paio di ruoli da comprimario, ad esempio, in un paio di opere di Spike Lee (quello più vero ed integro) ed una manciata di avvincenti thriller dove ha condiviso il set con almeno due o tre grandi di Hollywood.
In quest’opera, che “opera” magari non è, ma non posso ripetere in continuazione “film”, Linda indossa i panni di Liberty Wallace, erede di una dinastia dedita – non al traffico, bensì al commercio – di armi; ed il cui nome, ogni volta io rincontri questo film, subito mi porta alla memoria uno degli intramontabili, veri western del compianto John Ford, praticamente l’inventore del genere, ovvero “L’uomo che uccise Liberty Valance”, anche perché, oltre all’assonanza del nome, sempre di fucili – e fucilate – si tratta.
Va bè, un’altra mia ed oramai solita, distrazione.
Tornando a quel suo fascino genuino, dicevamo... già dalla prima scena, ammiriamo la Fiorentino sfoggiarlo mentre, con fare seducente da una parte, e distaccato dall’altra, è intenta ad alternare due conversazioni: da una parte l’amante, dall’altra il marito, nonché socio in affari, loschi affari...
Appena congedato con sufficienza il secondo e quietato l’ardore del primo, il telefono squilla di nuovo e, rispondendo, si troverà improvvisamente al centro – è proprio il caso di citarlo – “del mirino” di un apparente pazzo criminale, tale e anonimo Joe, il quale, ha chiamato la fedifraga al telefono per dimostrarle di esser a conoscenza di fatti, persone e situazioni note solo a lei e a lei soltanto – e l’avverte che di li a poco verrà a prendersi la sua vendetta!
Sete di vendetta motivata dal fatto che il carnefice racconta alla vittima di aver perduto la figlioletta in una sparatoria di strada, ma, prima dei colpevoli materiali, reputa più responsabili chi permette che le armi circolino liberamente per le strade, finendo spesso in mano a gente che ne fa un uso poco consono, sbagliato o, peggio, violento, criminoso.
Come puntualizza il sito, la pellicola affronta il controverso Secondo Emendamento della Costituzione statunitense per la quale, in sostanza, si afferma che ognuno è libero di portare armi – è l’epopea del “grande paese”, del “west” tanto miticizzato. Questo “diritto sancìto”, come la cronaca fin troppo spesso racconta, porta spesso al compimento di stragi con una facilità che rasenta l’assurdo! Quando hai la possibilità di procurarti un fucile d’assalto dal giro malavitoso o, addirittura acquistarne uno in qualche “store” al reparto “articoli sportivi”... capite anche voi che... il primo folle, o esaltato, fazioso o terrorista... fa presto a rendersi pericoloso e compiere una strage – una scuola oh magariiii... la prossima volta potrebbe toccare al “Campidoglio”.
In una di questi tragici incidenti, Joe ha dunque perduto la bambina, proprio mentre era assente (e di questo Joe non si da pace), impegnato in missione per conto del governo, in qualità di agente governativo (spia); il quale governo, lo aveva spesso inviato in missioni nei vari paesi cosiddetti “guerrafondai” o “a rischio”, ad accompagnare in “certe” trattative, proprio il marito di Liberty, il classicamente cinico, avido Victor Wallace, ora alla guida dell’azienda di famiglia insieme alla moglie (il quale nonno ne fu fondatore).
Dunque, forte di questi segreti “di famiglia”, Joe, armato di fucile e di tutta una serie di apparecchiature audiovisive, funzionali alla sua causa, si apposta in un edificio disabitato da cui può agevolmente controllare l’attività frenetica della piazza sottostante.
Quindi, sotto la minaccia di un fucile, che non tarda a dimostrare la sua precisione (la prima vittima, ai fini dimostrativi della serie intenzioni del cecchino, un poliziotto corrotto) conferitagli, guarda caso, proprio dalla sua medesima azienda, la sig.ra Wallace viene costretta ad incatenarsi la caviglia ad un banchetto di hot dog che, in realtà, cela nel suo gestore uno spacciatore (sotto chissà quale minaccia, lascia presto campo libero all’ex agente) ed il suo frenetico traffico di cocaina dell’intero quartiere signorile.
Una volta incatenatasi, la donna viene avvertita che nel carretto è alloggiata una potente bomba collegata al suo cell: non appena la batteria si scaricherà o lei riaggancerà, la bomba esploderà.
Un’altra bomba è stata sistemata nel camerino dell’amante della donna, un attore di teatro; il dispositivo è dotato di sensori: se l’uomo dovesse urlare per chiamare aiuto, o se solo dovesse tentare di muoversi, la bomba deflagrerà!
Da questo presupposto,Joe intavolerà una lungo dibattito con la vittima prescelta, dapprima condannando i suoi affari, privati ma pur sentimentali, con supponenza... ma in seguito, dopo un paio di vittime non del tutto innocenti, la strenua resistenza della donna si fa sempre più labile, flebile, fino alla resa: una totale confessione di tutti i loschi traffici intercorsi tra la suddetta azienda e tutti i politici e faccendieri vari coinvolti, con tanto di cifre e conti correnti.
Ma ora basta spoiler – e basta anche co sta parolaccia – basta anticipazioni sulla trama.
Il film merita la visione... ha un buon ritmo che si prende il suo tempo per aumentare i giri. E il finale non è poi così scontato.
Della Fiorentino abbiamo parlato anche troppo.
Gli altri due attori coinvolti rientrano nella media, anche se fa strano come dicevo, ritrovare, impiegare un attore dinamico come Snipes come la voce in un auricolare, o uno sguardo attraverso un binocolo o monocolo di un mirino.
Oliver Platt invece, fa il suo compitino, e risulta credibile nel cinico marito imprenditore, disposto ad anteporre gli affari alla moglie: a quanto pare, lei per lui, è solo un incentivo per chiudere i contratti con i clienti più ostinati, e sembra non curarsi molto della vita privata della di costei.
Entrambi i coniugi, avranno modo di riscattarsi.
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