Regia di Tomaso Sherman vedi scheda film
Dimenticabile adattamento televisivo di "The Bottle Imp" di R. Louis Stevenson, girato e scritto come fosse una pièce teatrale. Staticità di messa in scena, scenografie modeste e stesso ambiente delle riprese ne fanno un monotono, noioso, oggi quasi inguardabile, esempio di sceneggiato pretestuoso e poco spettacolare.
Samoa, 1890. Robert Louis Stevenson narra ad alcuni abitanti dell'isola un'antica favola scozzese, per l'occasione adattata in uno dei suoi celebri racconti dei Mari del Sud. È la storia di Keawe (Stefano Sabelli), un giovane che acquista da un anziano benestante (Ezio Marano), per soli 50 dollari, una bottiglia al cui interno dimora un piccolo diavolo. Il possessore è in grado di realizzare ogni desiderio ma, per evitare l'inferno, dovrà rivendere a un prezzo minore l'oggetto prima di morire. Keawe realizza ben presto il desiderio di abitare in una casa lussuosa - a scapito di uno zio deceduto -, trova l'amore in Kokua (Patrizia Zappa Mulas) e rivende la bottiglia. Quando però scopre di avere la lebbra, decide di ritornare in possesso di quell'oggetto miracoloso.
"Molto tempo fa, quando per la prima volta il diavolo la portò sulla Terra, era estremamente cara. E fu venduta, prima di tutti, al prete Gianni per molti milioni di dollari. La bottiglia può essere venduta solo a un prezzo inferiore dell'acquisto. Se la vendete per quanto la avete avuta, vi torna indietro di nuovo come un piccione viaggiatore. Ne segue che il costo ha continuato a calare in tanti secoli e la bottiglia è ora a un buon prezzo."
(Robert Louis Stevenson)
Il diavolo nella bottiglia: Mario Santella
La serie "I giochi del diavolo - Storie fantastiche dell'Ottocento" è divisa esattamente a metà tra adattamenti dal taglio cinematografico (i primi tre episodi), in contrapposizione con altri di tipo teatrale. Questo quinto capitolo, lento e mediocre, è ispirato da un bel racconto di Robert Louis Stevenson (The Bottle Imp, 1893), ma diretto con poca originalità da Tomaso Sherman, regista televisivo e anche sceneggiatore dell'episodio, che ha scelto di dare un taglio puramente letterario al girato, mettendo in prima persona lo stesso Stevenson (Mario Santella) come narratore presente sul set. Set esclusivamente interno, costituito da sfondi e girato tutto in teatro. Il ritmo risente di recitazioni poco convincenti, punti macchina fissi, staticità di scena che impone un solo ambiente adattato a più riprese. Un testo di grande qualità, reso piuttosto pesante da questa lunghissima riduzione televisiva incapace di farsi seguire con interesse. Nulla a che vedere con i precedenti titoli diretti da Mario Bava, Giulio Questi e Piero Nelli.
Robert Louis Stevenson (1850 - 1894)
Anticipazione pubblicata su La Stampa [1]
"Stevenson che è capace di chiudere il diavolo dentro ad una bottiglia.
Fra stasera e domani sera si conclude un ciclo di telefilm italiani stimolanti anche se discutibili: in ogni caso, un tentativo serio di prodotto nazionale che merita una particolare attenzione. Tema del ciclo: il fantastico, il nero, il misterioso, l'orrido nella letteratura dell'Ottocento. La scelta è stata affidata a Italo Calvino e ne sono venuti fuori sei testi esemplari di autori significativi: Hoffmann, Merimée, James, De Nerval, Stevenson, Wells (con esclusione di un grande nome, quello di Poe, troppo sfruttato dal cinema). Il ciclo, curato da Roberta Carlotto, ha sperimentato i due possibili modi di realizzazione: il cinematografico per tre racconti, girati come film in interni ed esterni, e il televisivo per gli altri tre. Per il cinema sono stati chiamati Mario Bava (da poco scomparso, maestro italiano dell'horror, che si è fatto aiutare dal figlio Lamberto), Giulio Questi e Piero Nelli; per la televisione Marcello Aliprandi e Giovanna Gagliardo, entrambi provenienti dal cinema, e il giovane Tomaso Sherman, l'unico veramente esperto di tv. Stasera è la volta di una famosa novella, Il diavolo nella bottiglia, antica leggenda scozzese che Stevenson rielaborò nel 1893, un anno prima della morte, quando abitava nelle isole Samoa: il meccanismo pauroso e malizioso della bottiglia demoniaca che permette di soddisfare qualsiasi desiderio ma di cui bisogna subito disfarsi a poco prezzo pena l'inferno, è narrata da Stevenson con una calma nitidezza, un equilibrio e una precisione che fanno apparire reale l'irreale. Al regista Sherman (di cui citiamo il delizioso film per tv - Duetto - sui patiti dell'opera lirica) il compito di rendere il fascino di questo magico mondo di Stevenson (di radice europea ma su sfondo polinesiano) nei pochi metri quadrati di uno studio televisivo. (...) L'operazione può considerarsi riuscita nel senso che ha messo in piedi una valida organizzazione in un campo (il telefilm di sessanta minuti) dove noi abbiamo scarsa esperienza e c'è invece il dominio del prodotto di importazione. Per quel che riguarda i soggetti, tutti splendidi; il solo appunto, ipercritico, è che possono aver avuto l'aria di una raffinatezza e di un impegno culturale che di regola non si sposano con il telefilm. Quanto alla realizzazione, il modello cinematografico, almeno in questo genere fantastico, sembra dimostrare una notevole superiorità: si avvale del contrasto fra interni ed esterni e riesce meglio a costruire un clima credibile e naturale di suspense (vedi le ottime prove di Bava e di Nelli). Più difficile usare la dimensione televisiva nel ristretto ambito dello studio in cui troppo spesso si finisce nella rappresentazione di stampo teatrale o, com'è avvenuto per la Gagliardo, si arriva ad avanzare una proposta suggestiva ma rischiosa di lettura illustrata".
(Ugo Buzzolan)
NOTA
[1] "Stevenson che è capace di chiudere il diavolo dentro ad una bottiglia", su La Stampa del 23 giugno 1981.
Il diavolo nella bottiglia: Patrizia Zappa Mulas e Stefano Sabelli
Il diavolo nella bottiglia: didascalia iniziale
"Il demonio, che conosce ancor meglio di noi, le dannose conseguenze degli scrupoli, ne suggerisce la materia con artificio, e prende cura di mantenerne l'effetto con una profonda malizia."
(Jacques Joseph Duguet)
F.P. 02/08/2023 - Versione visionata in lingua italiana su RAI Play (durata: 83'21")
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