Regia di Pupi Avati vedi scheda film
La malinconica vita di tre ragazzi comuni nella Bologna del dopoguerra e le loro aspirazioni tradite dalla perdita di quella giovinezza che lentamente porta a scelte obbligate, o quasi. Pupi Avati ci riporta nella (sua) Bologna in una pellicola che ricorda “Ma quando arrivano le ragazze” (id.; 2005), film con protagonisti Claudio Santamaria e Paolo Briguglia, con l’intrusione adulta di Johnny Dorelli. Anche in quel caso la musica era il collante di un’amicizia storica che però lentamente si sfaldava a causa della bravura di Nick (Santamaria) e della scelta di Gianca (Briguglia) di abbandonare i suoi propositi iniziali.
Anche in tal caso la musica funge da iniziale collante con il terzo incomodo di una ragazza che diventerà la fonte di discordia fra i due amici storici. Ma rispetto alla pellicola precedente la Bologna che ci viene offerta è livida come non mai e avvolta da una trama che non offre nuovi spunti. Non bastano una colonna sonora, affidata a Sergio Cammariere e Lucio Gregoretti, e una fotografia di pregio firmata da Cesare Bastelli, per ottenere appigli che possano offrire qualche sussulto pieno di originalità. E a poco servono le ottime interpretazioni di Gabriele Lavia, Massimo Lopez e Edwige Fenech, nelle versioni adulte dei tre protagonisti.
Un peccato perché Avati pur scegliendo alcuni dei tratti che da sempre lo contraddistinguono: i ricordi della giovinezza. Il passato in bianco e nero meglio di un presente nel quale non si ritrova. L’amicizia tradita e l’amore per una bellezza irraggiungibile. Ha anche scelto di far virare la narrazione verso una malinconia e un pessimismo diffusi. Narrando di tre esistenze vittime degli eventi e decidendo di abbandonarsi al rimpianto per una vita trascorsa che ha lasciato il posto a un presente che mostra solo rammarico per scelte sbagliate, per promesse iniziali non mantenute e come i sogni dell'infanzia siano sogni proprio perché incapaci di concretizzarsi.
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