Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
La difficoltà di essere ateo di fronte a una famiglia che vuole far canonizzare la madre senza dirti una parola. L'importanza di vivere secondo principi coerenti. La delicatezza della spiegazione ad un figlio del fatto che si può anche non credere in Dio ed essere lo stesso una brava persona. Marco Bellocchio affronta con "L'ora di religione" un film per molti versi bunueliano, con sequenze come quella del duello con il conte che sembrano uscite da qualche vecchia pellicola del maestro spagnolo. E' una nuova requisitoria contro le istituzioni della Famiglia e della Chiesa Cattolica, così importanti in Italia, ma è anche un nuovo capitolo dell'eterno romanzo di formazione dell'autore di Bobbio, che qui si dissimula nella maschera di questo Ernesto Picciafuoco, illustratore di libri per bambini separato dalla moglie e circuito per oscuri motivi da un'affascinante maestra di religione che si porta pure a letto. E' uno dei film più liberi e creativi di Bellocchio, pur nella sua dimensione intellettuale che non manca mai, una ricognizione di un'Italia bloccata nelle pastoie di un velleitarismo che inficia tutto e tutti: certamente un gran passo in avanti rispetto ai film psicanalitici del decennio precedente, in Italia ha avuto molti apprezzamenti dalla critica ufficiale, mentre all'estero è passato più inosservato, compreso al festival di Cannes dove non ha ricevuto alcun premio. Ottimo Sergio Castellitto nel lavorare di sottrazione sul personaggio e, fra i caratteristi, un plauso speciale a Piera Degli Esposti che recita in maniera memorabile pur apparendo in una sola scena nel ruolo della zia Maria. Ambientato in una Roma sfuggente e misteriosa, è un film che necessita di più di una visione per essere goduto appieno, dove non risultano secondari i contributi della fotografia di Pasquale Mari e delle musiche di Riccardo Giagni. Insieme a "Vincere" la vetta del cinema bellocchiano del nuovo millennio.
voto 9/10
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