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Joker: Folie à Deux

Regia di Todd Phillips vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Joker: Folie à Deux

di francescorega21
9 stelle

joker: folie à deux, una delusione? no, più coraggio e sfida al primo joker.

Joker: Folie à Deux – Un viaggio nella mente di Arthur Fleck

 

(Spoiler)

 

Joker: Folie à Deux, diretto da Todd Phillips, non è il sequel che molti si aspettavano. Apre con un cortometraggio animato che preannuncia ciò che sarà il cuore della storia: un confronto interiore tra Arthur Fleck e la sua creazione, il Joker. Questo preambolo fa subito capire che la “folie à deux” non riguarda il rapporto con Harley Quinn, ma quello di Arthur con la sua personalità frammentata e disturbata. Una scelta audace che segna il tono dell’intero film, portandoci a riflettere più profondamente sul tormento psichico di Arthur.

 

La prima parte del film si svolge all’interno dell’Arkham State Hospital, dove troviamo un Arthur distrutto, ben diverso dall’uomo che avevamo lasciato nel primo film. Qui è picchiato e umiliato dalle guardie, e il suo alter ego, il Joker, sembra completamente represso. È un Arthur schiacciato dal peso della sua realtà, ridotto al silenzio finché non incontra Lee (interpretata da una grande Lady Gaga), in un corso di musica che sarà il filo conduttore della loro relazione. La musica non è più l’elemento che collega Joker ad Harley, ma diventa il veicolo emotivo che lega Arthur a Lee, in un modo molto più intimo e complesso.

 

Phillips dipinge le menti di Arthur e Lee con pennellate di surrealismo. La crescente attrazione di Arthur per Lee lo fa credere di poter tornare a essere il Joker, ma è una menzogna. Lee, innamorata della figura folle e anarchica del Joker, tenta di farlo riemergere, mentre Arthur lotta per mantenere il controllo sulla propria identità. È proprio questo conflitto che alimenta il cuore del film: non è una storia d’amore, ma una lotta interna.

 

Al centro della trama c’è un processo che Arthur subisce, un processo che diventa lo specchio della sua metamorfosi. Arthur cresce con l’idea di essere amato da milioni di persone, ma scopre che quel sostegno è rivolto al Joker, non a lui. Questo lo tormenta e lo fa scivolare sempre più nella follia, alimentando il suo ego e rendendolo incapace di distinguere la realtà dalla fantasia. Phillips costruisce abilmente questa tensione, portando Arthur a difendersi in tribunale, ma nel momento cruciale, Arthur afferma di voler essere libero, di voler essere solo sé stesso e non il Joker.

 

Il film culmina con una scena esplosiva: un’autobomba distrugge il tribunale, ferendo e uccidendo migliaia di persone. Arthur, stordito ma vivo, viene soccorso da due suoi fan che lo vedono solo come il Joker, non come Arthur. Questo distacco finale tra Arthur e la sua maschera è simbolicamente rappresentato nel suo rifiuto di fuggire con loro. È chiaro che Arthur non è il Joker che tutti vogliono, e questa consapevolezza lo porta alla sua ultima delusione: l’abbandono da parte di Harley Quinn, che lo lascia solo e sconfitto.

 

La chiusura del film è tanto cupa quanto potente. Arthur, ormai privo di speranza, viene rinchiuso nuovamente ad Arkham, dove incontra il suo destino. In una scena cruda e simbolica, viene pugnalato a morte da un uomo che, nel finale, si lacera la bocca con il coltello, evocando l’immagine canonica del Joker. È qui che si suggella la distinzione definitiva: Arthur Fleck è morto, il Joker, l’icona malata e crudele, vive per sempre.

 

Perché il film funziona così bene?

 

La regia di Todd Phillips è impeccabile. La fotografia cupa e densa di atmosfera si allinea perfettamente al tono del film, mentre Joaquin Phoenix consegna un’altra performance straordinaria. La sua rappresentazione di Arthur Fleck è intima e dolorosa, mentre Lady Gaga offre un’interpretazione intensa e disturbante di Lee. Tuttavia, molti spettatori sono rimasti delusi dal film, e c’è una ragione chiara: il primo Joker aveva creato nell’immaginario collettivo l’idea di un protagonista disturbato sì, ma capace di abbracciare la sua follia e diventare il simbolo del caos. Questo sequel, invece, rompe coraggiosamente quella narrativa.

 

Phillips non ci dà il Joker del primo film, l’icona truccata di clown che si erge a figura di culto. Joker: Folie à Deux racconta la storia di un uomo tormentato, incapace di reggere il peso di quel personaggio che si è creato, un uomo i cui panni del Joker sono troppo stretti. Questo non è il Joker che tutti volevano, ma è proprio per questo che il film funziona.

 

Andare a vedere Folie à Deux con l’aspettativa di rivedere il Joker del primo film porta a delusione. Sapere invece che stai guardando Arthur Fleck, con tutte le sue fragilità, rende l’esperienza molto più significativa. Ho apprezzato enormemente questo film proprio per questo: ho guardato Arthur, non il Joker, ed è stato un viaggio cinematografico assolutamente affascinante.

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