Regia di Todd Phillips vedi scheda film
“That’s life (that’s life)
That’s what all the people say
You’re riding high in April, shot down in May
But I know I’m gonna change that tune
When I’m back on top, back on top in June
I said that’s life (that’s life)
And as funny as it may seem
Some people get their kicks
Stomping on a dream
But I don’t let it, let it get me down
‘Cause this fine old world, it keeps spinnin’ around”
Questo Joker: Folie à Deux è un atto coraggioso per l’industria attuale, un film completamente fuori dai canoni che Hollywood, e non solo, hanno imposto come più interessanti.
Un mix pericoloso di generi, umori, di trovate registiche; di dislivelli di ritmo.
Era veramente complesso immaginare un sequel del genere ad un film di grandissimo successo, acclamato e criticato allo stesso tempo. Fin dall’inizio veniamo catapultati nella mente del protagonista tra onirismo e divagazioni/scomposizioni psichiche; Philips & co. non proseguono lo spunto del primo film, che vagava tra l’omaggio-riciclo (dipende dai punti di vista) di poetiche altrui (Scorsese) e come parziale lettura (non particolarmente originale) della situazione attuale politica.
In questo sequel invece siamo dentro al mondo del povero Arthur, che trova l’amore che vira da sogno ad incubo; e questo passaggio (con gli eccezionali pezzi musical) è uno dei più interessanti del film, l’amore e l’escapismo, o fantasia se preferite, sembrano l’unica via per salvare un uomo segnato dalla vita e dalle sue azioni. Attraverso questi momenti onirici abbiamo accesso, almeno parziale, alla sua mente deflagrata. L’amore che nasce tra i protagonisti è straziante, illuminante e avvilente allo stesso tempo.
C’è una forma pirandelliana dietro tutta l’operazione e se vogliamo anche meta-cinemtografica, Arthur è doppio-sdoppiato, incapace fino ad un certo punto di avere una volontà unica, l’avvocato l’ha convinto di questa scissione, la sua fidanzata fomenta il suo Essere Joker, e quando il processo si fa incalzante e diventa il momento clou del film, quando la maschera ha preso il sopravvento su quest’uomo derelitto assistiamo ad uno spettacolo nello spettacolo, ad un grande intrattenimento.
Il regista così ha modo di omaggiare il musical ma anche il thriller carcerario e infine il dramma amoroso. Il fumetto invece sembra distante. È un cinema maturo, è un cinema distante dalle mode che non ammicca allo spettatore, che lo delude in gran parte. Infine ci sono le scelte musicali e i momenti musical che sono incredibilmente riusciti come lo sono le due prove attoriali aiutate da un grande cast di comprimari (Gleeson su tutti).
L’unico dubbio è per la carriera di Phoenix che sembra rinchiuso in un ruolo che ripete per mimica e tic di film in film; speriamo che possa tornare ad essere un piccolo faro della sua generazione e non un grande attore oggi quasi macchiettistico.
Un film che ti entra dentro e ti torna nella mente di giorno in giorno, che è un groviglio di sensazioni e di emozioni. Un omaggio, ancora una volta, al grande cinema e un dialogo aperto con una mente e la sua totale evasione dalla realtà.
That’s life!
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