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Joker: Folie à Deux

Regia di Todd Phillips vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Joker: Folie à Deux

di SamHookey
8 stelle

Il folle sequel di Joker: tra Le ali della libertà, Perry Mason e Frank Sinatra

“Ho il vago sospetto che non stiamo dando al pubblico quello che vuole!” dice a un certo punto Arthur Fleck/Joker nel sequel del film – ormai cult – che aveva vinto il Leone d’oro alla Mostra di Venezia nel 2019 e creato una prevedibile schiera di fan, lieti che il supercattivo di Batman fosse stato trasformato in un contemporaneo eroe del proletariato. E, infatti, il pubblico pare non abbia apprezzato, né negli States né in Europa: a fronte di un budget di oltre 200 milioni di dollari, Joker: Folie à Deux ne ha incassati nel primo weekend poco più di 37 (pochissimo rispetto alle previsioni). Perché? Semplice, perché il primo film era stato frainteso.

 

Joker era diventato per il grande pubblico un’icona positiva, un rivoluzionario, uno di noi. Ma il film di Phillips non voleva dire quello e soprattutto il personaggio di Arthur Fleck non voleva essere quello. Joker non era una maschera da celebrare, ma un personaggio da capire. Come andavano capiti, osservando il contesto che gli aveva generati, gli eroi maledetti della New Hollywood degli anni ‘60/’70 da cui il film prendeva più di uno spunto (penso soprattutto al Travis Bickle di Taxi Driver). Ecco, celebrare un personaggio o cercare di capirne le intime ragioni non è proprio la stessa cosa. Tutti noi, spettatori del tragico show finale del primo capitolo, eravamo responsabili del sangue versato in diretta davanti alle telecamere, perché parte stessa di quella società crudele o indifferente che aveva prodotto le frustrazioni e la violenza del protagonista. Quel sangue non era l’inizio di una rivoluzione, era l’inizio della fine.

 

Questa fine ci viene mostrata in Folie à Deux ed è una fine terribile, straziante e coerente. Pienamente prevedibile. Il regista non ha disfatto quanto tessuto nel film precedente, lo ha solo portato a compimento: il crudo realismo è diventato ancora più crudo, il pessimismo ha ceduto il passo a un nichilismo cupo, totale, privo di speranze. Soprattutto privo di ogni possibile mitologia supereroica. Non siamo più nell’universo di Batman qui, almeno non quello a cui siamo abituati. Non quello che i fan di fumetti, serie televisive animate e non, precedenti film si aspetterebbero.

 

Arthur Fleck è rinchiuso in manicomio, depone il suo status di Joker, rifiuta il suo essere simbolo e icona, scopre l’amore e si spoglia della maschera che aveva indossato come riscatto delle proprie sventure. Non ne ha più bisogno. È nudo, terribilmente magro, insignificante e privo di ironia. Joker non fa più ridere. Ha rinunciato alla fantasia e abbraccia la realtà. Una realtà che fa schifo e che lo vorrebbe ancora sorridente, beffardo, affascinante e spietato. Anche il pubblico che aveva amato il primo film lo vorrebbe così. Ma non è più tempo di supereroi e neanche di supercattivi, sembra proprio volerci dire Phillips.

 

Le canzoni – già decisive nel precedente capitolo – qua si moltiplicano, come i momenti in cui i protagonisti sentono musiche che esistono solo nella loro testa. Ma anche questa non è una novità: nel primo Joker, in una scena ormai iconica (appunto), Arthur danzava scendendo una lunghissima scalinata sulle note di Rock & Roll Part 2 di Gary Glitter. Una musica non presente in scena, che esisteva appunto solo nella mente e nel mondo di Arthur. Folie à Deux è pieno zeppo di allucinazioni musicali, ma Arthur non è più il solo a sentirle. Le musiche diventano il sintomo di un disturbo psicotico condiviso con un’altra paziente del manicomio di Arkham: Harleen/Harley Quinn, la controparte maledetta del Joker (partorita dalla fantasia di Paul Dini e Bruce Timm per il cartone animato capolavoro degli anni ’90). Saranno in due adesso a cantare e ballare canzoni inesistenti.

 

Nonostante le premesse Joker 2 non è un musical: non ci sono coreografie spettacolari, interpretazioni magistrali e balletti memorabili. Al massimo qualche desolante momento di cabaret. Le canzoni sono sussurrate e talvolta strozzate, più simili a rantoli che a brani da hit-parade. Tutto è livido, lento, sottotono, sgraziato, sciatto, venuto male. Come un siparietto di Frank Sinatra dopo una dose di eroina. E va benissimo così. Lady Gaga nei panni di Harley Quinn è bellissima, bravissima e mostra allo specchio la sua migliore faccia da poker, ma non aspettatevi una coppia esplosiva, sopra le righe, abbigliata in modo sgargiante, pronta a rivoltare anarchicamente il mondo e ad ispirare i travestimenti di Halloween per le prossime due generazioni. Gaga e Phoenix sono contenutissimi nelle loro interpretazioni e gli abiti sembrano grigi, logori, decadenti. Con buona pace dei cosplayers di Lucca e di chi si aspettava la nascita di due nuove icone belle e dannate. In Folie à Deux la maschera cala, il trucco è sfatto e cola giù come nel finale di Morte a Venezia.

 

Lady Gaga, Joaquin Phoenix

Joker: Folie à Deux (2024): Lady Gaga, Joaquin Phoenix

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