Regia di Todd Phillips vedi scheda film
Un protagonista che il film si premura di mettere letteralmente a processo, sfidandone (e annientandone) l'icona perversa, in un gesto cinematografico sbalorditivo perché suicida.
La democrazia è in pericolo perché i social e la politica ormai combaciano. È in crisi rovinosa perché i leader populisti sono ormai degli influencer (e viceversa). E perché entrambi aizzano le proprie folle – o i propri follower – senza assicurarsi di poter controllare gli istinti di fogna che titillano. Non esiste una via d'uscita, ma almeno – o forse almeno al cinema – può esistere una presa di coscienza: provare a rendersi conto di essere meno potente dei propri seguaci (e anche meno pericoloso, qualunque crimine tu abbia commesso, persino il più grave). E provare a fuggire dall'orrore di ridursi alla propria maschera, come se fosse un'ombra che anziché impossessarsi dell'individuo arriva ormai addirittura a prenderne il posto (accade nel destabilizzante cartoon in apertura) e che tuttavia non può (più) essere sventolata come alibi per scappare dalle proprie colpe: se il primo Joker sollevava parecchi dubbi per la sua doppiezza – decisamente ambigua – tra critica e adesione al populismo (portando lo spettatore anti-casta a simpatizzare per un personaggio traumatizzato, malato e calpestato da chiunque, seppure poi omicida nel modo più crudo), questa volta Todd Phillips, insieme al suo co-sceneggiatore Scott Silver, eleva quella stessa doppiezza a questione identitaria affrontata da un protagonista che il film si premura di mettere letteralmente a processo, sfidandone (e annientandone) l'icona perversa, in un gesto cinematografico sbalorditivo perché suicida. In tutti i sensi. Non solo in qualità di (anti)sequel che nessuno voleva vedere (così), ma anche per la sua natura di narrazione mainstream impavidamente senza centro e apparentemente senza attrattiva (e proprio per questo invendibile e destinata al naufragio), dove Lady Gaga è impiegata in (deludente o sfacciata?) sottrazione, dove il musical non è (volutamente) mai tale, dove il carcere è fisico ma prima di tutto mentale e dove l'approdo alla redenzione è dinamitato (anche qui letteralmente) sul più bello, per cedere il passo a un finale senza climax. E dove rivivono gli spettri (e i mostri) dell'assalto a Capitol Hill e – in tal caso con profetica anticipazione – dell'attentato a Donald Trump. Joaquin Phoenix asseconda con eclettismo il carattere cangiante della scrittura e della regia, i cui articolati movimenti di camera vanno a divellere lo stile a inquadrature fisse del capostipite.
Musiche di collante nuovamente affidate alla violoncellista Hildur Guðnadóttir. Il brano di punta dello score, intonato da Gaga in più momenti, è That's Entertainment! (recuperato da Spettacolo di varietà), ma ci sono anche For Once in My Life e The Joker cantate da Phoenix e Gonna Build a Mountain in splendido duetto (lei voce, lui tip-tap) tra Gaga e Phoenix.
Voto: 7 — BUON film
VISTO a VENEZIA 81
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